domenica 18 novembre 2007

SAPERE: (parte seconda)

Avendo dovuto a rinunciare alla colonia del sud il potere centrale romano ha dovuto riversare lo sfruttamento alle regioni del Nord. Giustamente i settentrionali si lamentano di lavorare ma è da 40 secoli che le colonie lavorano per gli occupanti. L’unica novità storica è rappresentato dal Piemonte che ha intrapreso una guerra di conquista per formare un altro Stato per farsi sfruttare.
Si intende che al Nord non si è mai potuto sviluppare il concetto del pizzo in quanto è lo Stato che pratica le tasse e non permette alla Mafia di allargarsi nella ultima colonia rimasta.
Dopo la fine della guerra per trenta anni il sistema è andato avanti benissimo finché una zona dello Stato italiano volle aumentare la sua ambizione politica. Nel nord Italia vi è una valle che ha un solo sbocco verso la penisola ed è la Val d’Aosta, questa zona si identifica culturalmente con le popolazioni situate aldilà delle Alpi appartenenti allo Stato francese.
In questa regione alla fine del 1945 le truppe fedeli alla repubblica di Salò si unirono alle forze partigiane fedeli alle truppe alleate per combattere l’esercito francese desideroso di occupare la Valle.
Di fronte a tanta determinazione e grazie all’intervento del governo inglese alla valle fu dato lo stato di autonomia speciale simile a quello applicato alla Sicilia. Ma all’isola non ne venne nessun vantaggio perché i siciliani dovevano sottostare al governo della Mafia che impediva di sfruttare i benefici derivanti dall’autonomia, mentre nella Valle d’Aosta lo stato ritirava le tasse per salvare il principio ma però consegnava alla regione un finanziamento di gran lunga superiore. La Val d’Aosta non avendo una organizzazione come la Mafia in grado di sfruttarla ne ritrae un grande beneficio. Praticamente lo Stato rinunciava alle tasse e nessuno lo sostituiva nello sfruttamento.
La classe dirigente valdostana non ha mai cercato di ricavare del vantaggio personale da questa situazione eccetto normali casi di appropriazioni di piccolo cabotaggio come vi è sempre nelle migliori famiglie. Tuttavia vi era invece un desiderio di emergere a livello politico. Ia dirigenza valdostana si sentiva sminuita in quanto risentiva psicologicamente di essere solamente una piccola provincia dell’ultimo impero romano che si era formato nel 1861. Si può dire come l’ultimo impero romano l’hanno fatto i Piemontesi.
La Valle d’Aosta aveva ambizioni e voleva mandare un suo rappresentante nel Parlamento Europeo. Però questo non gli riusciva in quanto la Valle poteva esprimere al massimo sessantamila voti. Conseguentemente si allearono con i movimenti autonomisti sardi per prendere voti alle votazioni europee ma nella competizione le decine di migliaia di preferenze date in Sardegna determinavano l’elezione di un sardo al parlamento europeo.
Per evitare questo inconveniente il segretario Salvadori della Union Valdoteine decise di aiutare il formarsi di gruppi, nella valle del Po, di autonomisti auspicanti nelle loro regioni l’autonomia. Tali gruppi erano prettamente di origine culturale, infatti avevano come coagulante la difesa delle lingue locali e delle tradizioni. Salvadori individuò una persona per ogni regione e promise dei finanziamenti. Questi in cambio avrebbero, al momento delle votazioni europee, portato voti nell’Union Valdoteine. Non erano necessarie le preferenze in quanto il blocco monolitico che agiva nella Val d’Aosta avrebbe provveduto a far eleggere il candidato designato dalla segreteria del partito.
Ma Salvadori morì in modo misterioso ed il progetto non andò avanti. Le forze autonomiste formate da poche decine di persone in tutta la valle padana furono assemblate dalla lista massonica del Melone sorta a Trieste per impaurire il governo italiano. Questa lista aveva lo scopo di ricattare il potere romano onde ricevere adeguati aiuti e spazi finanziari a Trieste, in caso contrario avrebbero foraggiato i movimenti autonomisti col pericolo di diventare secessionisti. Roma ebbe paura perché è consapevole come qualsiasi colonia sfruttata prima o poi si sarebbe ribellata. Conseguentemente dal 1980 il governo italiano non potendo, per paura, depredare in modo totale il Nord iniziò a risolvere il problema creando un debito pubblico enorme finanziato dai risparmiatori del Nord. Semplicemente invece di prendere i soldi dal portafogli dei contribuenti li sostituivano con certificati di credito, i quali in futuro avrebbero rivelato il loro valore corrispondente alla carta di ricupero. Infatti il valore reale della carta moneta è di circa 5 centesimi di euro al quintale, ma dovrà essere messa nei cassonetti altrimenti non verrà ritirata.
I gruppi culturali che sognavano l’autonomia si amalgamavano attraverso poeti e scrittori in lingua locale e non avevano nessun sbocco. Questi gruppi inoltre venivano solo sfruttati ed usati prima dall’Union Valdoteine poi dal Melone i quali richiedevano la soddisfazione dei propri interessi sfruttando la paura della spinta che avrebbe potuto salire dal basso.
Certamente Aosta e Trieste sapevano benissimo di non poter spingere fino in fondo la situazione in quanto ne sarebbe derivata anche un danno per loro. Non si poteva rendere indipendente la gallina dalle uova d’oro. Le due città volevano solamente essere sedute al tavolo della spartizione dei profitti ricavati dallo sfruttamento intensivo della Padania.
Da quel giorno il compito dei Padani fu quello di essere fomentati da qualcuno che li aizzava contro Roma per impaurirla onde avere dei vantaggi, e nello stesso tempo appena realizzato cercare di calmare gli animi, perché chi è considerato una bestia da soma continuerà sempre ad essere considerato tale.
Nel 1982 nel gruppo autonomista piemontese sorse l’idea che se invece di parlare alle popolazioni della difesa della lingua locale si fosse parlato dei vantaggi finanziari derivanti dell’autonomia si sarebbe toccato il vero cuore dei cittadini (portafoglio) e sarebbero stati raccolti molti voti. Così fu ed i movimenti autonomisti ebbero un grande successo.
A questo punto appariva chiaro come la ricerca dell’autonomia avrebbe portato alla indipendenza di quelle terre chiamate in seguito Padania. Il governo romano si spaventò. Aveva dovuto rinunciare allo sfruttamento del Sud perché era stato obbligato dalle truppe di occupazione alleate a darlo in gestione alla Mafia, e se si privava anche della colonia del Nord sarebbe rimasto senza introiti. Inoltre il Sud non solo non forniva denaro a Roma ma doveva essere sovvenzionato con il finanziamento di opere pubbliche fantasma indispensabili a mantenere l’economia della Mafia.
Vista l’impossibilità di fermare il fermento determinato dalla richiesta di autonomia al Nord si cercò da parte del governo centrale di fermare il movimento di opinione. L’abilità del gruppo piemontese era quello di non chiedere la riduzione delle tasse, in quanto in tal modo sarebbe incorso in denuncie, ma nel propugnare che le medesime rimanessero nella zona in cui erano pagate e non andassero al governo centrale.
Allora i poteri forti plasmarono la situazione e attraverso uomini pilotati formarono un solo movimento di tutti gli aspiranti alla autonomia, e di controllarlo. Si trattava solo di trovare chi avrebbe infiammato gli animi e nello stesso tempo propugnasse situazioni che non permettessero mai il raggiungimento dell’obbiettivo.
Ma Roma non mantiene mai i patti, li osserva solo con il Sud perché gli sono stati imposti dagli eserciti alleati a cui si è sostituito il grande volume di fuoco che può originare la Mafia attraverso i suoi affiliati.
Il Nord invece è formato da benestanti paurosi e non potrà mai preoccupare ed allora appena formato il partito degli autonomisti venne dimenticato da Roma. Vedendo che il governo centrale non rispettava i patti verso coloro che conducevano i patrioti con l’anello al naso allora fu lanciato la indipendenza, per impaurire il governo centrale. Questi lasciò fare avendo dei futuri disegni.
Quando si lanciò il disegno di fare della Padania uno stato indipendente il tutto era talmente pilotato che i militanti attaccavano sui ponti del fiume Po i manifesti sulla indipendenza protetti dai carabinieri. Occorre ricordare che nel 1968 per un manifesto scritto a mano inneggiando a quei principi si determinò la richiesta della condanna all’ergastolo di chi l’aveva scritto, e poi tutto fini perché avevano capito che non conveniva creare un martire.
Il lancio dell’indipendenza aveva un triplice scopo, uno era per il vantaggio della classe dirigente del movimento indipendentista che dimostrava come era facile sollevare la popolazione, un secondo era che andando avanti si emarginava chiunque avesse voluto impossessarsi dell’idea e correre avanti ed in tal modo tutti gli indipendentisti e autonomisti erano gestiti da un solo gruppo dirigente, in terzo si doveva creare un grande entusiasmo in modo da determinare in seguito la possibilità di deludere le masse per cancellare il sogno di libertà.
Così dal 1996 con un passo avanti e due indietro si riuscì ad addormentare i desideri dei Padani.
Restava solamente il pericolo che un giorno stanchi di aspettare i Padani avrebbero formato un movimento. Ma per fare questo occorrono dei soldi, vi è un tale il desiderio di libertà dei Padani che si sarebbe potuto fare una sottoscrizione per raccogliere i fondi e partire, in modo non pilotato dal governo centrale, alla ricerca di una situazione che si scagliasse contro le tasse.
Una colonia non può mantenere un potere sprecone che a sua volta è ricattato e deve mantenere una altra colonia. Questo è un caso unico nella storia.
Per impedire la raccolta di fondi per formare un nuovo movimento allora il partito che si dichiarava indipendentista fu consigliato di creare una banca. I cittadini corsero a sottoscrivere sicuri che quello sarebbe stato un modo di raggiungere pacificamente l’indipendenza. Invece qualcuno furbescamente dall’esterno ha creato le condizioni per metterla in una situazione fallimentare ottenendo un grande risultato.
I militanti che avevano perso i loro risparmi ed erano quelli disposti a sacrificare il loro denaro per la causa vennero disillusi in modo da non avere più il desiderio di finanziare l’inizio di un nuovo movimento.
Il vecchio movimento indipendentista iniziò una serie di operazioni strane creando nei cittadini una disillusione e questo diminuì continuamente la base elettorale. Questo era un segnale a Roma indicante come il lavoro di distruzione delle speranza indipendentista procedeva secondo quanto desiderato. Però la diminuzioni del consenso determinava un aspetto negativo, i fautori dell’indipendentismo indicavano la perdita di voti come una conferma dei sospetti di maneggi non chiari.
Infatti per cinque anni il partito venne tenuto fermo in attesa che il movimento fosse solo un oggetto di potere senza alcuna intenzione di arrivare al dunque; si creò la legge detta “devolution” spacciata come una traslazione dei poteri dal centro verso la periferia. Invece la devolution è l’affermazione del centralismo attribuendo maggiori poteri al presidente del consiglio.
Solo grazie a questa caratteristica centralista si poté far votare dai poteri romani tale legge che in Padania veniva osannata come una vittoria.
Inoltre l’aspettativa è inutile in quanto la legge è passibile di referendum e verrà bocciata . Si faranno votare i cittadini del Sud contro spacciandola come la legge federalista mentre sarà bocciata in quanto il centralismo propugnato dalla legge è talmente forte da far scomparire i partiti, e queste associazioni di poter non vogliono abdicare.
Pertanto sbandierando l’inutilità della devolution, la sua irrealizzabilità,il suo doppio significato in Padania è sorto un disinteresse vero il movimento ex indipendentista. La classe dirigente si era imborghesita.

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