giovedì 15 novembre 2007

PARASSITISMO (prima parte)


Il problema economico dello Stato italiano è determinato dalle spese eccessive ed inutili.
Troppi cittadini in età produttiva sono dediti al parassitismo.
Generalmente una entità produttiva viene condotta con lo scopo di non creare passività. Questo si ottiene attraverso due punti fondamentali. Il primo è dato dal contenimento delle spese ed il secondo dall’aumento del volume delle prestazioni. Non sempre l’aumento della produzione è possibile causa la limitatezza del mercato, in quanto si soggiace alla regola fondamentale che in un campo finito, come la società umana, non vi può essere uno sviluppo infinito.
Il concetto materialistico ha dei limiti.
Il risparmio determinato dall’oculatezza dell’uso delle forze crea il concetto della produttività. Questo si può esternare o con una forma di sfruttamento per ottenere il massimo oppure attraverso la pianificazione atta a permettere una ottimizzazione dell’operatività del cittadino.
Lo sfruttamento del lavoro altrui è determinato sempre da una incapacità di conduzione dovuta al verificarsi che la gestione di un ente produttivo non sempre viene amministrata da persone maggiormente adatte alla situazione direzionale.
Purtroppo la capacità conduttiva non è presente in ogni individuo. La mentalità creata dalla visione culturale del proprio ego in rapporto a quello degli altri è la base comportamentale determinante nella conduzione di ogni attività produttiva.
Il tutto deve svolgersi considerando i diritti ed i doveri di ogni componente dell’ente produttivo originato dalla situazione comportamentale esistente alla base dei rapporti umani secondo il momento storico in cui si opera.
Il comportamento verso il gruppo in cui opera l’individuo è condizionato dal rapporto che il medesimo ha con l’entità in cui vive. Principalmente se l‘individuo sente il concetto di proprietà fisica o culturale verso l’ente oppure ne fa solo parte senza averne un concetto di possesso e di appartenenza. Per la natura umana se manca il concetto di appartenenza verso l’ente in cui si opera si determina un distacco tra il cittadino ed il medesimo con grossa diminuzione di interesse verso l’esterno e conseguentemente privilegiando il proprio.
Solo una cultura di larga visione delle ripercussione dell’andamento del complesso in cui si opera permette di avere quelle attenzioni necessarie per aiutare il medesimo nel suo sviluppo.
Negli enti pubblici, sovente, non esiste alcunché determinante l’idea del possesso, e nasce un aumento, nel modulo comportamentale, di non considerare l’interesse dell’ente ma del proprio assumente un aspetto totalmente egemone.
Gli enti pubblici vengono amministrarti da persone indicate dalla comunità in genere attraverso a delle elezioni di primo o di secondo grado. Il fattore determinante il voto non è mai consapevole delle necessità e capacità manageriali per condurre l’ente, questa capacità viene demandata ai cittadini che fanno parte della struttura attraverso non il voto ma grazie ad altri sistemi di cooptazione.
Questi cittadini hanno lo scopo non di ricavare un bilancio positivo dell’ente, ma di difendere il proprio interesse consistente nel non essere condannati per operazioni errate, e nello stesso il tutto corollato dalla tendenza di non assumere oneri di impegni eccessivi.
Una grande fetta degli enti statali ha subito le seguenti influenze, la gestione è considerata verso un ente di altri e pertanto logicamente emerge solamente il proprio interesse.

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