venerdì 16 novembre 2007

CORSO DEI POPOLI


L’uomo acquisisce il suo comportamento d’essere pensante ed inizia con il concetto proprio dei mammiferi l’occupazione del suolo.
L’unicità di sfruttamento del territorio dava il sostentamento e nello stesso tempo diminuiva l’ansia derivante dalla consapevolezza delle necessità future, consapevolezza derivante dalle capacità intuitive del primo vivente pensante del nostro pianeta.
La socievolezza dell’uomo,indispensabile per la sopravvivenza, mediata con la necessità di unicità di possesso del territorio per il sostentamento, portava come l’entità territoriale necessitante all’uomo fosse da lui condivisa solo con chi poteva colmare il desiderio di socializzazione, desiderio crescente proporzionalmente alle sue capacità intellettive.
Il territorio era conseguentemente condiviso solo da coloro con un determinato comportamento, il quale permetteva la coesistenza ossia l’unicità d’utenza e la suddivisione del sostentamento.
Il rapporto umano era basato su una serie di segnali in continuo aumento ed evoluzione e forniva una sempre maggiore identificabilità verso situazioni vecchie e nuove e verso comportamenti di convivenza societaria evolutiva, il tutto creato dal continuo crescente dominio del pensiero sull’istinto.
Questo processo portò al linguaggio, agli usi, alle consuetudini, al comportamento, ossia alla cultura fornitrice ad un gruppo d’uomini l’amalgama per creare un popolo.
Gli aggruppamenti diventano popoli e s’identificano in due fattori fondamentali, territorio in uso e cultura comportamentale.
Questo binomio lascia nella psiche dell’uomo, unica e prima del nostro pianeta e libro bianco della nostra storia evolutiva, un segno per centinaia di migliaia di anni, indelebile perché primo, e in quanto psiche e segno nascono insieme come fattori fondamentali.
Ambiente, necessità, caratteristiche fisiche e discendenza ancestrale, hanno forgiato le basi recondite del nostro comportamento e i due fattori fondamentali sono parti dell’uomo e volendoli cancellare si cancella la sua stessa esistenza fisica.
In seguito all’evoluzione dei popoli sorgenti, ai fattori del territorio e del comportamento si aggiungeva l’influenza dell’ambiente, inoltre la consanguineità creava le caratteristiche dell’aspetto fisico divenute dopo decine di migliaia di anni il terzo fattore determinante di un popolo.
I popoli si formano ed iniziano il cammino verso il loro futuro lasciando una lunga traccia: la Storia.
Sorge in tutti i popoli un principio basilare per la sopravvivenza: la necessità di una conduzione per il comportamento dei singoli, ossia la decisionalità e l’interpretazione della cultura identificante il popolo.
Nascono così vari modi di gestirsi, ossia di governarsi, si sviluppano variate forme, attuando in un primo tempo decisioni conseguenti alle situazioni che si presentano ed in seguito con la regolamentazione comportamentale denominata legge.
L’analisi storica ha dato risalto, come indicazione qualificante per l’individuazione del tipo di gestione, il numero d'individui partecipanti. Il numero poteva essere di uno, di una parte o di tutti.
Tuttavia in genere il potere di tutti s’identificava nel decidere chi poteva avere il potere decisionale con limiti o senza limiti di tempo.
Emergono all’interno dei popoli possibilità di variazioni tipo esistenziali: le quali, se sono premiate nell’ambito comportamentale, sono fautrici di suddivisioni formanti nel popolo raggruppamenti detti classi.
Le classi si caratterizzano per la tendenza di presa del potere e per la creazione di modifiche della naturale cultura di un popolo, ne condizionano e danneggiano la sua evoluzione portandolo o alla distruzione od a pericolose modifiche al suo modo di essere.
Inoltre un popolo può prevaricare su un altro portandolo alla distruzione della sua cultura, però talvolta l’oppresso, per cultura vincente o per numero, procede all’assorbimento dell’oppressore.
Col sorgere della scrittura ed il modo di conservarla nasce in quest’ultima parte dell’evoluzione dei popoli la possibilità dell’analisi della Storia comportamentale.
Nasce una continua evoluzione della vita, un aumento delle possibilità di collegamenti e d’intenti, il dilagare del potere su altri, assorbimento di nuovi aspetti di cultura, perdite di identità, crolli di sistemi.
All’inizio degli ultimi trenta secoli tra i popoli, che si sono formati, nascono dei tentativi d'accentramento di potere e sorgono in grandi epoche successive tre modi di essere:
uno asiatico : il tipo cinese
uno europeo : il tipo latino
uno americano : il tipo atzeco
L’ultimo sorto, quello americano, ha una sua evoluzione non aggressiva e si sfalda al primo contatto con un'altra cultura.
Quello asiatico, culturalmente isolazionista, grazie alla sua grande adattabilità e duttilità riesce a sopravvivere attraverso un sistema filtrante di assimilazione culturale ma non fisica.
Nel bacino sud-europeo nasce un grande impero romano basato su un popolo che assoggetta gli altri e riesce a tenerli in soggezione attraverso un marchingegno determinato dall’estensione dei diritti del conquistatore (vedi cittadinanza romana) concessa ad una parte minima del popolo conquistato (dividi e impera).
Si forma così un impero formato da un insieme d’interessi, fornenti le basi per uno sviluppo mercantile in cambio di una tassazione che, pur inasprendosi continuamente, aveva una veste legale.
In effetti, le tasse erano la sostituzione al saccheggio, il quale, ad un certo punto, era stato abbandonato dai romani perché troppo costoso e sempre difficile da dosare in quanto, se esagerato, poteva rendere impossibile il saccheggio successivo.
Nella storia europea nasce, si teorizza e si consolida un concetto fondamentale mediterraneo: il popolo atto a subire la vessazione non deve essere considerato carne da macello ma vacca da mungere.
Questo è uno dei grandi bagagli comportamentali lasciati dalla cultura latina nel mondo.
Non per nulla il simbolo ancestrale di Roma raffigura un’operazione di allattamento di un essere superiore succhiante il latte da un essere inferiore,
Questo non era sufficiente, occorreva non si moltiplicassero i punti di sfruttamento, si doveva creare la certezza dogmatica dell’unicità del diritto del nuovo tipo di saccheggio detto tassa.
Roma non potendo con la forza delle sue armi inculcare in eterno questo suo diritto, che diritto non era, riesce ad avvalersi di una sottile persuasione culturale con l’agire non sui popoli ma sui singoli individui installandovi un nuovo modo di pensare.
Allora si elabora una giustificazione religiosa: il potere viene da dio e l’imperatore è una divinità, ma se il potere è uno, anche chi lo conferisce deve essere uno solo, più centri religiosi, ossia più dei, potrebbero creare più centri di potere.
Diventa necessario impostare una religione basata su un’entità di cui sia universalmente nota la sua unicità: il sole.
Il destino secondo alcuni, o divina provvidenza secondo altri, fornisce una svolta.
Nei deserti dell’Arabia, la dove per il caldo, la parola è l’unico facile modo di agire e d'essere vivo, in quanto ogni attività è di difficile esecuzione, nasce da un gran bagaglio dialettico la più alta sintesi del pensiero umano: il monoteismo.
Portato a Roma e sposato con il culto del Sole ne esce un amalgama che, pur rispettando molte tematiche europee, vedi monogamia, crea l’unicità del depositario del potere.
Roma diventa predestinata ad avere il diritto di chiedere tutto da tutti, ed in quanto tale, acquisisce un alone di paese del bengodi creando tante illusioni e sofferenze.
Roma, ormai certa di questa sua missione divina, conserva noncurante il suo tipo di sfruttamento dei popoli.
I popoli soggetti avevano il compito della difesa dell’integrità di Roma, ma come reazione allo sfruttamento progressivo decidono, in un certo momento, di non continuare a difendere i confini dell’impero e per dare una lezione alla sfruttatrice, lasciano filtrare dei piccoli popoli che abbagliati dalla ricchezza di Roma, ma non contaminati dal potere dogmatico, la vogliono saccheggiare.
Roma aveva così bene pubblicizzato il suo mito che queste piccole scorribande verso il Lazio erano state salutate da tutti i popoli sfruttati come una lezione salutare verso i mungitori latini, invece, tale era la cancrena romana che per poca cosa il castello incantato si dissolse.
Inizia quel periodo oscurantista lasciato dal mondo latino.
Ormai si era incancrenita l’idea che per condurre un popolo non si doveva ricorrere alla saggezza della sua cultura, ma per dominare, si predicava come il potere veniva dall’alto e questo concetto tollerato ed osannato ha fermato, in quanto antistorico, il corso dello sviluppo dei popoli.
La cultura latina era ed è tuttora depositaria di questa aberrazione e si arrivò a situazioni sempre più paradossali, e si giunse ad un grande monarca francese, detto re Sole.
Ironia della sorte, dalla religione del dio Sole, primo passo per razionalizzare il centralismo del potere, si arrivò nuovamente a questo emblema.
Questo re, con il suo comportamento, mise le basi in modo che i popoli, per reazione all’assurdità ed alle devastazioni del potere proveniente dall’alto, iniziassero il primo passo per riprendere la loro naturale evoluzione e giungere dopo oltre mille anni di oscurantismo a sperare di essere fautori del proprio progresso culturale.
200 anni or sono con la rivoluzione francese, in modo forse inconsapevole, si creò nuovamente il presentarsi dei popoli nel ciclo della storia.
Solo una parte del popolo era cosciente e questo rese possibile si abbattesse una nuova maledizione sui popoli.
Si adoperò un nuovo pensiero dogmatico per puntellare il potere; ora dopo la rivoluzione francese si pensò, per evitare che i popoli potessero ribaltare il concetto latino e ritornare alle loro prerogative ancestrali d’evoluzione della propria cultura, di dividerli secondo un nuovo schema: l’ideologia.
Questo schema serviva solo a tagliare fuori il popolo adibito teoricamente a fornire il potere.
L’ideologia è la fotografia, in un determinato momento, di un cambiamento auspicabile e teorico della società esaltando alcune giuste evoluzioni, ma non può, per incapacità di analisi, verificare i mezzi per raggiungere gli scopi e le modifiche collaterali derivanti.
L’ideologia fornisce una magnifica copertura a qualsiasi porcheria o idiozia con la scusante che il trionfo dei fini giustifica i mezzi.
Si attua così l’assurdità di un popolo fiducioso in un futuro migliore e per raggiungerlo si deve calpestare ogni diritto del popolo medesimo.
Con questa nuova aberrazione si hanno tre pilastri fondamentali del potere a base ideologica:
1 divisione del popolo e suo indebolimento con perdita di identità
2 facilità di legittimazione del potere proveniente dal basso
3 copertura di ogni assurdità
L'ideologie sono servite a coagulare le divisioni della gente, ed in questo secolo hanno dimostrato la loro base: il vuoto.
Da un lato i popoli con la loro realtà positiva ed attiva, perché solo con la realtà si attiva il cammino d’ogni uomo, e dall’altra parte i partiti con i loro simboli e dietro le loro inconcludenti idee.
I partiti sono maschere grottesche necessarie a coprire l’integrale sfruttamento di un popolo, ogni uomo è diventato una mammella da cui la partitocrazia succhia in continuazione.
I partiti hanno due elementi che li identificano e accomunano: uno è la voracità e l’altro è la voragine in cui tutta la ricchezza economica e culturale è perduta
In questo inizio di nuovo millennio i popoli stanno sorgendo in tutti i continenti non lasciandosi turlupinare con le ideologie.
Queste stanno morendo perché non sono adatte all’uomo in quanto non si può cambiare il corso e la natura di un popolo con un’idea con un valore apparente solo nel momento della sua enunciazione senza considerare le conseguenze derivanti se l’idea è portata a compimento.
Si è vero nell’ultimo secolo vi è stato un periodo d'oscurantismo dovuto alle ideologie ma i popoli non si sono fermati, hanno avuto solo un attimo di smarrimento, ora devono proseguire il cammino.

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