domenica 7 dicembre 2008

LA GIUSTIZIA DIVINA



Ogni essere umano ha nel suo comportamento una rappresentazione inglobante nel suo modo di pensare di due forme determinate dall’istinto ma anche dal sistema di condizionamento culturale ricevuto dall’ambiente in cui vive.
Tali forme comportamentali si possono esemplificare nell’insieme dei diritti e dei doveri.
Un uomo quando ritiene essere violato quello che considera un suo diritto, o presunto tale, limitando il concetto di libertà e di possesso creato dal senso del diritto medesimo, cerca di ristabilire la situazione attraverso operazioni ripristinanti e compensanti la violazione.
Inoltre spesso, tale situazione, determina un reazione di rivalsa che assume l’aspetto di una punizione verso chi ha procurato ed ottenuto un danno contro i diritti dell’offeso. Punizione che assume nell’immaginario l’aspetto di vendetta ma praticamente nasce da una necessità ancestrale di creare un deterrente affinché l’offendente non ripeti più l’operazione di offesa.
La del danno può essere di carattere materiale oppure morale, o di entrambi gli aspetti, ed il desiderio di punizione crea uno scontro.
L’arco temporale della esistenza della razza umana ha una linea che la divide.
La prima parte è il contenitore in cui l’uomo cerca per il proprio sostentamento quella che la natura può offrirgli. Ossia il nutrimento attraverso la natura in movimento rappresentato dal regno animale, e la natura statica rappresentato dal regno vegetale.
Nel momento, che l’uomo riesce ad incidere nel regno statico obbligando la natura a produrre dei vegetali necessari per il proprio nutrimento, incomincia il periodo della agricoltura.
Tale periodo ha inizio circa 10.000 anni secondo i segni riscontarti fino ad ora lasciati dalla storia.
L’opera umana ha obbligato la natura a fornire i prodotti necessari per la alimentazione, permettendo la nutrizione di un numero sempre maggiore di individui.
La natura, per produrre, ha necessità di cicli di tempi lunghi e di operazioni susseguenti che partono dalla semina al raccolto, conseguentemente questo obbliga l’uomo a diventare stanziale in attesa del compimento del ciclo della crescita del prodotto vegetale.
Questa aspettativa e la crescita del numero degli uomini, avendo una maggiore disposizione di cibo, determinarono la formazione di nuclei abitativi.
Questi nuclei in principio nascono sempre da gruppi consanguinei ma, col succedere delle generazioni, il vincolo del sangue non è più determinante è sufficiente a tenere uniti i componenti.
La coabitazione in un medesimo luogo di più persone determina, per la facilitazione di contatto, la creazione esponenziale di contatto e susseguenti attriti derivandone una necessità continua di ottenere equilibrio verso i torti o presunti tali ricevuti. La diatriba, se non controllata, minaccia l’esistenza del gruppo stanziale.
Per evitare questo era necessaria l’autorità di qualcuno che limasse le asperità dei conflitti.
Ossia per la sopravvivenza del gruppo era necessario che tutti si riconoscessero nell’autorità di chi era predisposto ad appianare questi attriti e quanto decideva, per dare equilibrio alle rivalse, fosse riconosciuto dai contendenti.
La autorità è facile da amministrare quando a praticarla è colui che è il padre o l’ascendente di tutti i componenti del gruppo, in quanto l’autorità viene riconosciuta per discendenza di sangue.
Passata tale fase allora la persona dedita all’amministrazione delle controversie veniva scelta e riconosciuta in modi differenti.
Tuttavia per la sopravvivenza del gruppo che, causa la disponibilità di cibo aumentava di numero era necessario questo sistema.
I gruppi che non riuscivano ad applicare nel loro interno questo metodo erano destinati a scomparire.
Questa forma di delegare le controversie ad un altro venne dichiarata come amministrazione della giustizia.
E affinché questa non fosse messa in mano all’arbitrio di uno solo e i componenti del gruppo fossero a conoscenza dei limiti del libero arbitrio di ciascuno, fu necessario promulgare degli ordinamenti detti leggi.
Inoltre le leggi, oltre facilitare il compito di chi amministrava la giustizia, forniva al medesimo una copertura alle sue azioni.
In quanto nei casi del nascere di contestazioni al suo operato, le leggi erano il punto di riferimento, che messo sopra a chi amministrava la giustizia gli forniva uno scudo di protezione al suo operare.
Conseguentemente l’amministrazione della giustizia era la forma superiore di gestire il potere.
La consapevolezza dell’esistenza di una giustizia superiore crea un senso di equilibrio nell’uomo, in quanto il medesimo ha nel suo subcosciente l’immagine che, comunque vada, i suoi diritti vengono in qualche modo difesi secondo regole conosciute.
La giustizia aveva solo un problema. Chi l’amministrava deve sempre pronunciarsi al più presto per evidenziare la presenza continua della giustizia, e questa continuità diventa anche simbolo della sua legittimità.
Però la giustizia, amministrata subito dopo l’azione determinante la controversia, deve tenere in considerazione anche il pensiero di rivalsa dell’offeso. Quando la giustizia viene applicata in tempi successivi si avvale del vantaggio che il senso di rivalsa della parte offesa si possa affievolire, in tal modo la giustizia determina punizioni meno onerose verso chi è ritenuto colpevole.
Lo sviluppo della società pertanto si evidenzia con il progredire dell’amministrazione della giustizia e nel contempo con l’accrescere il riconoscimento del suo valore sociale.
La giustizia col tempo si dissocia dal potere, però, per potere funzionare in una certa autonomia, ha sempre dovuto avere un occhio di riguardo al medesimo onde non avere contestazioni dall’alto al suo operato.
Tuttavia il senso di giustizia con l’aumento del grado di civiltà ha avuto sempre una maggior necessità di espletarsi, causa il continuo aumento della necessità di equilibrare quanto è ritenuto una sperequazione.
A tale scopo è determinante il compito delle religioni.
L’intelligenza dell’uomo è determinata dalla sua capacità di prevedere o per lo meno di cercare di anticipare il futuro, ed in base a questa immaginazione procedere nel pensiero.
Questo operare, grazie all’immaginazione, determina lo sviluppo culturale e comportamentale della società umana.
Un problema culturale dell’uomo era il sopraggiungeva della morte di un suo simile, in quando conservava il suo ricordo e non poteva sentimentalmente distaccarsi da esso.
Questo ricordo sviluppava nell’immaginario la necessità o la speranza di vederlo ancora in vita rifiutando di credere che con la morte tutto avesse termine.
Il rispetto e ricordo, unici esempi nel regno animale sviluppato sulla terra, determinarono il culto dei morti. Precisamente il rifiuto che con la morte tutto avesse termine. Questo pensiero trasformato in culto, ripreso e sfruttato come portatore di pensiero culturale determinò la nascita delle religioni.
Ossia la creazione immaginale di un mondo trascendentale dove continuavano ad esistere i morti. Il concetto dell’esistenza di questo mondo creò il pensiero della possibilità di popolarlo di entità superiori ed immaginarie.
Nello sviluppo delle religione nasceva il concetto del dio, che per avere un seguito nell’immaginario dell’uomo doveva necessariamente possedere delle qualità extraumane.
La principale era il suo potere, il quale talvolta poteva intervenire nella modificazione degli eventi.
Le necessità dell’uomo sono innumerevole ma quella determinante per l’immaginazione del futuro era la necessità, mai pienamente soddisfatta, di giustizia.
Giustizia non solo verso la invadenza dell’opera di altri uomini ma anche verso l’invadenza della natura.
La divinità diventava nell’immaginario come il depositario di una giustizia superiore che in qualche modo avrebbe potuto esprimersi. Ossia il dio come compensatore delle ingiustizie che l’uomo non poteva appianare completamente.
Con l’aumento della consapevolezza della propria esistenza, con il confronto con la realtà nell’animo umano è sempre aumentata la certezza del diritto di usufruire delle situazioni migliori degli aspetti della vita, conseguentemente maggiori sono le speranze riposte nella disponibilità della divinità.
Con l’aumento di richiesta di interventi divini, maggiore è la necessità di aumentare la credibilità della divinità, e di riflesso la sua immagine proiettata nell’inconscio umano viene continuamente nei secoli ad essere sempre maggiormente sublimata e spiritualizzata.
L’immagine del dio diventa sempre più perfetta e si allontana sempre più da immagini stereotipate umane.
La gestione della credibilità della divinità, per la sua continuità, viene gestita da una casta chiamata comunemente clero.
Tuttavia la sua opera diventa sempre più difficile man mano che si creano religioni con divinità sempre più perfette.
La classe sacerdotale non riesce più a tenere il passo nel rapporto di tramite tra la divinità e l’uomo, in quanto non riesce a uniformarsi all’aumento dell’immagine del divino.
Questo perfezionismo distacca la divinità dall’uomo in quando mentre riesce ad acquisire una maggior credibilità con conseguente aumento della fede, nel contempo ne deriva una sempre complessità di maggiori richieste ritenute giuste da parte dell’umanità per appianare le asperità della vita.
Qualche religione avanzata riesce a risolvere parzialmente il problema trasformando l’immagine di persone defunte in intermediari tra il dio e l’uomo.
Maggiore è l’aumento della civiltà dell’uomo, maggiore sono le sue richieste.
Maggiore è anche l’immagine del dio.
La mole di richieste di interventi divini per il senso di giustizia necessario è tale che rende il dio sempre maggiormente inattivo di fronte alle domande.
Pertanto si determina che spesso i scarsi risultati, per chi ha una fede profonda, determinano dei forti dubbi sull’esistenza del divino.
L’unico modo per continuare la sua credibilità è trasformare le richieste dell’uomo come una lotteria dove di fronte a numerose richieste ogni tanto per motivi inspiegabili la richiesta viene esaudita e classificata come miracolo.

CAMBIAMENTO DI CULTURA


L’uomo è nato in una zona specifica del pianeta ma in seguito lo ha colonizzato tutto.
La sua determinazione gli ha permesso di espandersi anche in territori non confacenti alla sua natura fisica.
Ha supplito agli ostacoli della durezza di certi ambienti.
Tuttavia nell’affermarsi ha dovuto accettare la modificazione effettuata nel suo aspetto e al suo comportamento.
E’ lo scotto da pagare per poter vivere ovunque.
Nel vivere in ambienti ostili l’uomo ha dovuto modificare il suo modo di pensare. Nei territori freddi ha dovuto assumere la cultura di ammucchiare le provviste utili durante i periodi in cui la natura è matrigna.
Chi non aveva la cultura di preservare veniva eliminato dall’ambiente ostile.
Questa predisposizione all’ accumulo per la futura sopravvivenza è il nocciolo di quella popolazione che, abitando più al nord, ha dovuto accettare l’imposizione della natura che gli ha modificato anche il colore della pelle in bianco.
Questo tipo di popolazione iniziò la accumulo dei beni, che in certe popolazioni, dove la natura era meno matrigna, servivano per creare agi ai dominatori del momento, oppure per permettere periodi di minor attività in seguito.
Però nelle zone più ostili l’accumulo serviva spesso per coloro che continuavano ad attivarsi e usavano la ricchezza come modo di accrescere culturalmente le cognizioni ricercate appunto per aumentare un ulteriore accumulo di beni.
Questa era la molla determinante la civiltà moderna .
Ossia i beni non goduti interamente ma usati per nuove mete di produzione di altri beni.
Le popolazioni attivanti questo sistema crearono un tipo di civiltà che permise di avere il potere su il pianeta.
Tutti i popoli in cerca di sviluppo cercarono di adeguarsi a questo metodo che oltretutto è l’unico valido per creare benessere.
In tutto il pianeta pertanto vi è la corsa di accumulo come unico mezzo di sopravvivenza.
Questo è perfettamente vero però nella società non vi è abbastanza ricchezza per tutti.
Il Pianeta non la può produrre o sopportare la produzione se questa viene considerato come unico mezzo per accrescere il potere e non come volano per mantenere la vita.
Pertanto vi sono due vie .
O diminuire le discrepanze della proprietà di beni o infondere la cultura che la civiltà dei bianchi di accumulare non è più fattibile.
Il concetto del bianco non è praticabile all’infinito, perché non adatto alla mentalità comportamentale di tutti.
Attraverso la ricchezza virtuale, si è trasformata la carta in valore, ma questo gioco assurdo non può durare all’infinito e in questi giorni ha dimostrato con evidenza, come già si temeva da qualche anno, di essere giunti al limite.
Si è giunti alla conclusione che la cultura dell’uomo bianco deve cessare,
Si deve accettare la cultura semitica e camita basata sulla speranza nella divina provvidenza.
Questa è la cultura che vogliono imporci.
L’uomo della cultura dell’uomo bianco deve scomparire e deve subentrare l’uomo portante in se, anche se non se ne è consapevole, il dna che non ha necessità di sentire l’affanno dell’accumulo.
Ecco il segnale di Obama.
Hanno decretato che il sistema dei popoli nordici è finito. Il futuro sarà della divina provvidenza.
La società che oggi ha garantito la sopravvivenza della banche dal fallimento, che oggi rappresentano la cultura perdente,domani garantirà un pasto a tutti e basta.
Questo è il messaggio mandato dai poteri forti attraverso Obama.
Uomo non sa quale vera immagine deve rappresentare. ,Non un nero condizionato da circa due secoli nel mondo dei bianchi, ma l’uomo che proviene in linea diretta da quel centro Africa dove vivono senza pensare al futuro.
Ora tocca a noi vedere se dobbiamo accettare questo messaggio oppure seguire la nostra strada.
Ricordiamoci che se torniamo indietro e non essendo in grado di difenderci dai padroni del vapore saremo finiti. Cercano di riempirci di uomini del terzo mondo affinché la società sia più facilmente recettibile al nuovo ordine mondiale.
Facciamo attenzione a non cadere nel gioco inventato dagli altri.