domenica 18 novembre 2007

LA VITA


La grandezza del creato è la vita.
Essa è la testimonianza della completezza della creazione ed è la dichiarazione della sua evoluzione.
La vita è una forza alla ricerca continua per spingersi verso nuovi limiti. Questa ricerca spasmodica del miglioramento e di continuare porta a bruciare i modelli in cui è ospitata.
La vita distrugge i suoi contenitori ed in continuazione passa ad altri soggetti per mantenere alta la fiaccola dell’esistenza. La vita esiste perché è in grado di produrre altri soggetti similari al progenitore ma mai uguali in un progetto continuo di cambiamento. Questo porta in se il programma di raggiungere nuove mete, e impone all’esser vivente, quando appartiene ad una espressione complessa, di dover aiutare la vita generata all’inizio della sua esistenza.
La vita si è identificata nel creare se stessa attraverso l’aumento delle combinazioni la cui esistenza si articola con la nascita. Per raggiungere tale aumento di combinazione, è giunta ad articolarsi attraverso l’unione del seme della vita di due esseri viventi similari.
L’evoluzione della vita ha sviluppato esseri sempre maggiormente complessi fino a raggiungere ad ottenere la vita consapevole della sua esistenza.
Per facilitare la trasmissione della vita la natura ha approfittato della selezione esterna. La molteplicità delle infinite entità non può essere controllata singolarmente ma deve, attraverso la propria forza, trovare la via alle funzioni generali programmate.
Se gli esseri non sono complessi ed il loro periodo di evoluzione è breve allora si determina la nascita di un numero considerevole di altri esseri e la sopravvivenza è affidata alla selezione naturale.
La natura ha programmato molti esseri che alla loro nascita non vengono più controllati o seguiti dal procreatore. Con l’aumento della complessità dell’essere, il suo sviluppo iniziale deve venire seguito dal procreatore. La natura ha predisposto per gli esseri complessi, onde ottenere progenie forte e resistente, che la selezione non sia affidata alla eliminazione naturale dei più deboli, ma la procreazione avvenga attraverso la genetica del più forte.
I mammiferi compiono un grande sforzo per allevare i figli perché questi per un periodo più o meno lungo, a secondo la loro complessità non riescono a sopravvivere da soli.
L’uomo, essendo un mammifero, ha un numero limitato di figli. Ecco perché il maschio della razza umana, essendo mammifero, è portato a confrontarsi per essere il capo e come tale, essendo il più forte, ha il dovere di essere il portatore del seme per la nascita di altri esseri della sua razza.
La vita si difende concedendo agli esseri viventi un tempo determinato e limitato di esistenza, e deve essere rigenerata in quanto il tempo non prenda le misure della vita e la distrugga.
La vita è una sfida continua e per vincere varia in continuazione la sua propulsione.
Il miracolo della vita non riesce a creare esseri con la loro forma originale fin dalla nascita. Una delle basi fondamentali della vita è la crescita per il raggiungimento della dimensione e della capacità.
La creazione ha risolto il problema facendo partire la vita da un piccolo seme.
La creazione iniziò attraverso il sistema del seme partendo da una gestazione esterna (uovo), ma aumentando la complessività dell’essere allora ha dovuto cercare l’origine all’interno del procreatore.
Ma questa gestazione non risultò sufficiente ed allora il programma obbliga il procreatore a non abbandonare la sua progenie all’atto della nascita ma deve seguire lo sviluppo della medesima.
La programmazione ha lasciato ad ogni vivente per la sua escursione un tempo, e la percentuale del medesimo da dedicare alla progenie aumenta con l’aumento della complessità dell’essere.
Il programma della vita è ambizioso ed è arrivata ad evolversi fino a giungere ad essere cosciente per poter ammirare la creazione.
La creazione della vita consapevole di se stessa. L’uomo è il finale “ attuale “ del progetto, questo non deve cessare, perché la vita vuole da lui essere ammirata, ed l’uomo deve adeguarsi al proseguimento del programma.
La sua procreazione è complessa non può avere molta prole, la sua esiguità di numero obbliga l’uomo a cercare di procreare i migliori, affinché la selezione naturale non abbia il sopravento sulla sua progenie
L’uomo appartiene all’ultima fase attuale della creazione della vita e come mammifero effettua la selezione attraverso il maschio con il miglior seme genetico.
La vita ha dovuto ricorrere a questo per facilitare il suo progetto. La parte femminile deve essere fecondata dal migliore e dal più forte.
Dato le continua variazioni di chi al momento è il depositario della genetica migliore, allora la creazione ha pensato di aiutare la natura rendendo la donna fertile praticamente in continuazione.
La vita ha cercato di mettere in condizione la donna, predisposta a coltivare in se la vita, ad essere pronta con intervalli di brevi periodi per permettere al maschio di trovare in continuazione il momento della creazione L’uomo pertanto in continuazione è obbligato a cimentarsi per poter compiere il suo dovere di procreatore.
L’agonismo come obbligo. La competitività giacente nel dna: senza di esso la razza umana sarebbe scomparsa perché è troppo lungo il tempo di allevare un figlio rispetto al periodo fertile della donna.
Questa formula fu la salvezza della vita umana, e di tutte le razze superiori nella scala dell’evoluzione, ma lo sviluppo culturale aumentava il tempo di formazione della sua prole nel giungere alla sua autonomia. L’aumento del tempo formativo alla fine si dimostrò aleatorio e non permise per centinaia di migliaia di anni l’accrescimento del numero degli umani.
L’uomo dominante non poteva gestire la sua superiorità per tutto il periodo di cui la sua prole aveva necessità per raggiungere l’autonomia.
In questo modo la donna, depositaria della vita, doveva pensare e difendere la sua prole dai maschi emersi successivamente a gestire il potere-diritto-dovere di portatori di seme primario genetico.
Questo problema avrebbe limitato per sempre lo sviluppo numerico della razza umana, ma l’uomo ha la prerogativa della conoscenza, ossia l’apprendimento e la formazione della cultura in grado di influenzare i rapporti umani.
Il salto di qualità fu di convincere la femmina a compiere una sola scelta del maschio fecondatore, in cambio questi avrebbe difeso e aiutato la prole generata. Con il sacrificio della donna sarebbero aumentati in modo esponenziale gli uomini partecipanti alla procreazione.
La civiltà fu l’inizio dell’affermazione dell’uomo, attraverso due principi, la cultura dei morti come momento di ricordo e di testimonianza ed il matrimonio del maschio con la donna o con le donne che davano la loro disponibilità genetica ad un solo uomo in cambio della sicurezza dell’allevamento della prole.
Questo salto è alla base di tutta l’attuale umanità; i gruppi che non l’attuarono scomparvero. Tale scomparsa fu inevitabile, la salvezza della continuità della razza umana, caricata del compito di portare il bagaglio della conoscenza in continua espansione diventava impossibile. Appena si sviluppava la società umana questa determinava un maggior tempo di formazione della prole e conseguentemente rendeva difficile, in una lotta continua genetica tra i maschi, il portare a termine da parte femminile la conduzione della prole.
L’istituzione del matrimonio, ossia dell’unione sancita dal gruppo societario in cui si vive, determinò la diminuzione della competizione tra i maschi per la procreazione.
Il matrimonio non annullava il desiderio di avere prole da diversa origine femminile e permetteva di unirsi con un numero maggiore di donne però sempre con il compito di essere responsabili della prole creata attraverso i propri geni.
Questa invenzione comportamentale portò ad attenuare le lotte tra i maschi umani per la sopravvivenza genetica, ma gli esseri umani essendo mammiferi e geneticamente complessi continuano ad avere nella loro programmazione la lotta per la supremazia.
Con l’avvento del concetto del matrimonio, si perse molto della combattività dell’uomo per la supremazia genetica. Il programma della creazione dell’uomo fu aperto nel permettergli di avere la possibilità di determinare i suoi modi comportamentali.
Questa libertà potrebbe avere dei riscontri negativi sul primo essere cosciente della sua esistenza. Allora per non rovinare il principe del creato fu lasciato nel dna dell’uomo la spinta al confronto per la supremazia.
La storia dell’uomo vera, falsata, favoleggiante, scritta, raccontata, manipolata, adeguata racconta sempre della lotta tra gli uomini. Tale lotta ebbe un risvolto con l’aumentare del numero dei componenti formanti i primordiali gruppi.
L’uomo è un essere socievole perché il suo programma creativo gli impone di essere vicino ai suoi simili per essere sempre presente al momento opportuno per la fecondazione della donna.
La natura, di sua spontanea impostazione, non permette la sopravvivenza alimentare di gruppi umani numerosi.

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