mercoledì 10 ottobre 2007

LE TASSE NELLA STORIA


Quando i romani conquistavano un territorio, cercavano di mantenere nella regione occupata un governo formato da gente autoctona del territorio ma succube a Roma.
In tal modo si annacquava la spinta del desiderio di libertà della popolazione assoggettata dando il senso di avere sempre dei propri governanti, a Roma non interessava molto il comando di routine, quello che interessava erano le tasse ossia il rivolo di oro che arrivava alla capitale dell’impero.
Nel medioevo al potere centrale era stato sostituito il dominio della classe dei signori della guerra che, quando si stabilizzava le situazioni economiche e politiche, assumeva l’aspetto della nobiltà. Solo la Chiesa aveva ereditato il concetto centralista dell’impero.
Oggi ai signori della guerra si sono sostituiti, attraverso il trucco del consenso popolare, dell’associazioni di potere denominati partiti.
Lo scopo principale dei partiti è quello di rastrellare le tasse dalla popolazione.
Affinché la popolazione non si ribelli si è centralizzata la gestione della sanità, della scuola, delle pensioni e quando qualcuno si permette di protestare per l’esosità del gravame fiscale i partiti minacciano di ridurre questi servizi che sono importanti nell’immaginario dei cittadini.
Mantenendo in piedi la minaccia di riduzione di questi servizi si stronca qualsiasi velleità di voler diminuire l’oppressione fiscale.
Finché si riesce a mantenere questo tipo di visione del sistema economico dello Stato l’imposizione fiscale può essere mantenuta.
Nessun partito rende esplicito e comprensibile che la sanità e le scuola rappresentano al massimo il 13 % del gettito fiscale. E per le pensioni vi è una copertura grandissima determinata dai contributi lavorativi dei cittadini.
Pertanto vi è un 55% dell’introito fiscale usato per le miriadi di attività che lo Stato si assume di gestire, ed è in queste che si annida lo sperpero, le ruberie, le facilonerie, la negatività della incompetenza e della improvvisazione.
Come ai tempi dei romani, la libertà si misura principalmente dal valore della tassazione che viene prelevata ai cittadini.
Dato che la libertà è un bene primario, per affermarla, occorre diminuire l’oppressione fiscale.
Meno tasse maggiore libertà.

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