mercoledì 10 ottobre 2007

ABOLIZIONE DELLE PROVINCE


La terminologia “PROVINCIA “ è di origine romana. Con quel nominativo si delimitavano porzioni di territori amministrati da uomini di fiducia. In principio erano divise in senatorie ed imperiali e la distinzione derivava da quale autorità erano eletti i prefetti.
Con la caduta dell’impero Romano il concetto di Province decadde in quanto non esisteva più un potere centralizzato.
Con l’avvento di Napoleone, ossia il dominio della borghesia, il potere assunse nuovamente un maggior carattere centralista.
Napoleone ripristinò le Province ed alla sua caduta il sistema venne confermato perché con la democrazia nascente, per bilanciare, il potere centrale si arroccava attraverso nuove forme di potere.
Nel 1889 il nuovo Stato Italiano codificò i compiti delle Province.
In effetti erano necessarie in quanto le comunicazioni continuavano in prevalenza a camminare sulle gambe degli uomini.
Durante le discussioni della “Costituente“dopo l’ultimo conflitto si pensò di abolirle ma non si andò oltre in quanto le Regioni preventivate dalla Costituzione non erano ancora state formalizzate.
Ora da oltre 30 anni si hanno due poteri sovrapponibili: le Regioni e le Province.
Le Province non sono state soppresse perché sempre è grande quel desiderio di occupazione, da parte dei partiti, del potere e gestirlo in modo clientelare per se e per gli altri, usufruendo come al solito il denaro prelevato dai cittadini con le tasse.
Così attualmente tra i Comuni, che rappresentano la politica in mano ai cittadini, e lo Stato vi sono ora due organismi di controllo, di spesa e conseguentemente anche di relativo sperpero.
Sarebbe necessario abolire questo doppione.
L’operazione si potrebbe effettuare passando le competenze delle Province in parte alle Regioni ed in parte ai Comuni.
Oggi i Comuni per svolgere molti compiti hanno necessità di coalizzarsi per affrontare molti problemi e servizi che spesso travalicano i confini comunali.
Pertanto si potrebbero agire copiando le Comunità montane, e per il loro funzionamento possono usare dei locali di un Comune che ne abbia disponibilità. Tale agglomerati potrebbero essere chiamati Consorzi Comunali e formati da comuni viciniori con caratteristiche e problematiche similari.
Se si aumenta il lavoro impiegatizio per i Consorzi, questo si potrebbe risolvere spostando tra il 5% e l’ 8 % dei dipendenti provinciali ai Consorzi o Comunità..
Le spese di gestione politica riversata sui consiglieri comunali potrebbe essere ricavata travasando un valore che si aggira dal 12% al 18% della spesa di gestione politica delle Province.
Si intende che le spese dei servizi rimarranno invariate e spostate alle Regioni. Per sostenere queste nuove incombenze le Regioni potrebbero assorbire al massimo il 25% del personale di gestione delle Province.
Con l’abolizione delle Province si risparmierebbero il 65% delle spese effettuate per la loro gestione.
Certamente i partiti sono contrari a questa operazione perché le Province svolgono un grosso ruolo di piazzamento per i propri politici e ulteriori possibilità per clientelismi vari.
L’unico problema sarebbe l’esubero del 60% del personale di gestione.

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