venerdì 26 ottobre 2007

CROCIATE (Parte prima)

In guerra il combattente rischia di essere preso prigioniero e ridotto in schiavitù, privato della libertà, o peggio si espone a menomazioni e purtroppo sovente perde anche la vita. I lati negativi sono tali per cui non sempre volentieri l’uomo va a combattere a meno di una motivazione valida.
La rapina invece comporta dei rischi, però permette di abbandonare l’operazione truffaldina nel caso assuma aspetti negativi. La guerra è qualcosa di più. Il combattente è coinvolto in una operazione cruenta a diversi livelli insieme ad altri. Il numero dei partecipanti a queste operazioni è elevato ed il combattente non riesce a comunicare in modo diretto e di fiducia con tanti commilitoni e non può prendere le decisioni ritenute opportune per la propria salvaguardia.
Il soldato è praticamente isolato, non fa parte di un gruppo di uomini uniti da un comportamento guerriero per uno scopo, ma fa parte di un esercito con direttive di comando centralizzate, e di questa componente armata non riesce, se non in minima parte, ad influenzare la motivazione culturale e di azione. A questo modo il combattente risulta prigioniero della cultura del gruppo, troppo vasto ed eterogeneo per permettere di identificarsi e determinare il comportamento.
L’unico momento in cui il soldato può essere attore e partecipe nella guerra è quando è di fronte ad altri combattenti che perseguono nella sua sopraffazione un momento di salvezza .
Nel combattimento, a fronte del sacrificio della vita, sorge l’istinto della conservazione seguendo il programma della vita installato in ciascun essere vivente, lo spirito battagliero dipende principalmente dalla difesa. Inoltre la volontà di combattere è suffragata dalla consapevolezza che lo scontro cruento è utile a se stessi ma anche alla collettività a cui si fa parte. Tale collettività non è l’esercito ma è rappresentata dal gruppo etnico, sociale, religioso, culturale a cui si appartiene.
Se un potere si estende, sotto di esso logicamente aumenta il numero dei gruppi etnici culturalmente sfruttati, questi quando sono intruppati in un esercito devono avere un coagulante per essere motivati. Già i 900.000 legionari di Roma avevano dimostrato quale grande problema politico, economico e di scarsa redditività fosse un esercito composto da diverse etnie.
Dopo la caduta dell’impero Romano come entità guerriera era difficile creare grandi eserciti in quanto essi dovevano, per essere affidabili, avere sempre un collante etnico.
Il monoteismo predicato da Roma, pur avendo il vantaggio di poter sfruttare popoli diversi tuttavia non era ancora perfezionato per unificare i popoli in eserciti, questi dovevano avere il carattere etnico per essere affidabili da un punto di vista di resa militare.
Dopo il 787 il Cristianesimo in Europa non aveva più rivali in campo religioso. In tale anno con il secondo concilio di Nicea (i concili svolti in quella città determinano delle variazioni epocali) si afferma la legittimità del culto di venerazione delle immagini.
Per servire il potere il Cristianesimo aveva dovuto fondersi con il Mitraismo, ma dopo 400 anni, per vincere definitivamente il politeismo, il Cristianesimo dovette accettare le immagini come momento di religiosità. In tale modo qualsiasi resistenza dei politeisti veniva vanificata, ciascuno poteva venerare il suo santo, poteva anche cambiarlo, poteva venerare più santi senza dover incorrere in nessun problema religioso e principalmente non doveva cambiare religione. Era stata fornita, alle popolazioni, una maggiore disponibilità più vicina alla propria identità culturale.
Queste piccole cose sono la testimonianza della grandezza romana. Roma aveva applicato in modo manageriale il Cristianesimo per lo sfruttamento dei popoli e non arretrava di fronte al problema monoteista.
Roma non dimenticava il concetto sumerico -ogni popolo un Dio- ancora oggi dopo oltre 12 secoli dal concilio di Nicea, ogni comune ha il suo santo protettore. La filosofia sumerica è salva.
Tutto questo è sublime ma nell’ottavo secolo d.C. esisteva il problema degli eserciti formati da etnie diverse. Era necessario fornire un collante, una motivazione a persone di provenienza culturale diversa. Si dovette dare alle guerre una motivazione culturale unificante ed al momento l’unico elemento con tale caratteristica era il monoteismo, la religione necessaria per espandersi nei popoli.
Allora fu rafforzata l’idea come l’esercizio delle armi in difesa delle proprie terre era anche una difesa dei cristiani; questo non solo era giusto ma anche meritevole, si incominciò con la benedizione delle armi, si introdusse il culto dei santi guerrieri come il culto dell’Arcangelo Michele. Questo non assunse mai l’importanza del culto del Dio Mitra, però tutto aiuta.
Il papa Giovanni VIII aveva concesso l’assoluzione dei peccati ai combattenti contro i Saraceni.
Anche il papa Alessandro II aveva concesso queste speciali assoluzioni ai partecipanti alla conquista cristiana della Spagna.
Causa la ricerca del sistema di dare una motivazione come spinta culturale al combattente, Carlo Magno ed i suoi successori imperatori come Ottone I avevano voluto caratterizzare le loro spedizioni guerresche con una motivazione sacrale. Anche l’astuto Costantino davanti ai suoi eserciti aveva posto oltre le preesistenti insegne del Dio Mitra anche il segno della Croce.
Il primo contatto di unione tra il Cristianesimo ed il Mitraismo avvenne sulle insegne di guerra. Nessuno si spera sia in grado di trarre conclusioni.
Certamente Roma riusciva a conquistare i popoli con il monoteismo e poi li inglobava nel suo parco sfruttamento, ma il mondo è piccolo e prima o poi dovette incontrarsi con l’altra eresia sumerica ossia l’islamismo.
Le compenetrazioni religiose erano molto difficili, non esisteva tra le due religioni Cristiana e l’Islamismo quel salto di qualità che invece queste avevano con il politeismo rendendole vincenti.
Allora causa il loro sviluppo ad un certo momento si dovette arrivare allo scontro facilitato dagli evidenti comportamenti etnici contrastanti.
Dopo l’anno 1000 Roma continuava culturalmente a non fidarsi della lotta armata come momento di aumento del proprio dominio, da 700 anni aveva scelto un’altra strada. Di fronte però ai saraceni l’arma religiosa del Cristianesimo non funzionava, Islam e Cristianesimo adoperavano il medesimo sistema culturale. Roma pertanto, data la sua non mai tramontata capacità di analisi politica, lasciò via libera alle guerre contro l’Islamismo.

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