venerdì 7 novembre 2008

Parte prima IL DIO DENARO




















L’agricoltura segnò una svolta fondamentale nel percorso della umanità. Essa fu il passaggio dal puro sfruttamento delle risorse naturali alla guidata produzione dei mezzi di sussistenza. L’agricoltura ebbe origine quando si incominciò a rendere permanente la coltura di alcune specie vegetali.
Il passaggio, dal puro sfruttamento delle risorse naturali all’agricoltura, provocò un aumento dei prodotti alimentari disponibili.
L’agricoltura passò attraverso a due fasi.
La prima consistette nell’interrompere periodicamente la cultura per permettere alla terra di ricostruire la propria fecondità durante una pausa di riposo.
La seconda consisteva nel rivoltare la terra prima della semina. Questa fase di lavorazione agricola si iniziò verosimilmente seimila anni or sono.
Da quel periodo l’agricoltura si sviluppò come il metodo migliore di sussistenza, accompagnata da procedimenti sperimentali trasmessi dalla saggezza collettiva da generazione in generazione.
Su questo sistema si costruirono tutte le civiltà.
I gruppi umani, formati all’inizio da poche famiglie, per poter praticare l’agricoltura, divennero stanziali per non allontanarsi dai terreni seminati e poter attendere al raccolto dei prodotti della terra.
La sedentarietà e l’aumento dei mezzi di nutrizione determinarono un aumento del numero della popolazione. I gruppi stanziali diedero un impulso alla costruzione di ricoveri. Le case vennero costruite vicine fra loro sia per la prossimità ai terreni coltivati sia per la facilità di difesa.
La difesa, in specie contro altri uomini, era necessaria in quanto è innato nell’uomo il concetto della depredazione verso gli altri.
La Mesopotamia fu una delle prime culle dove ebbe inizio lo sviluppo della agricoltura.
Quattromila anni prima della nascita di Cristo in questa terrà si stanziò il popolo dei Sumeri forse originari da una zona montagnosa dell’Asia centrale. Come tutti i popoli agricoli si stanziarono in gruppi e la fertilità del suolo permise l’accrescimento del loro numero.
Si formarono delle città che si amministravano autonomamente ed in perenne lotta fra di loro.
La situazione ambientale della Mesopotamia era di origine alluvionale, soggetta a disastrose inondazioni provocate da due fiumi: il Tigri e l’Eufrate. Fin dal quarto millennio a.C. furono eseguiti grandi lavori di sistemazione del suolo per aumentare la fertilità e la estensione dei terreni coltivabili.
Questi lavori sono la testimonianza di forti poteri centrali.
Tali poteri si concretizzavano nelle strutture costituenti il fulcro delle città- stato. La religione dei Sumeri presentava i caratteri delle società agricole, politeismo accentuato con la concezione della regalità sacra L’organizzazione politica delle città era basata sulla monarchia, questa però aveva una funzione teocratica, il vero signore della città era il Dio ed il sovrano era solo il temporaneo amministratore.
Ogni città aveva il proprio Dio, nasceva il concetto base “ogni popolo un dio“. Anteriormente all’istituzione monarchica nel governo delle città esistevano dei consigli di cittadini questi si riscontrano solo nel periodo iniziale della civiltà sumera. I Sumeri furono i primi ad inventare la scrittura, i primi scritti sono del 3200 a.C., sono stati rinvenuti su tavolette di argilla scritte e poi essiccate al sole. La scrittura venne denominata cuneiforme dalla forma dei segni schematizzati in cunei a causa del materiale usato per scrivere; uno stilo di canna tagliato a cuneo sulla sommità. La scrittura numerica era basata sugli ideogrammi, all’inizio vi erano circa 2000 segni, in seguito si ridussero a 600.
La lingua sumera era agglutinante come l’ungherese, ma non era vicina a nessuna delle lingue esistenti.
In tale lingua pare si conoscessero i toni come la lingua cinese. Alcuni studiosi asseriscono come la scrittura cinese derivi da quella sumera. Sono state rinvenute migliaia di tavolette di argilla scritte. Esse appaiono come documenti storici, religiosi, poemi, leggi, leggende ed inoltre furono rinvenute tavolette recanti l’indicazione di un valore pari alle attuale lettere di vettura, documenti di credito o attestati di debito. Inoltre furono rinvenuti cilindri di pietra o di rame recanti degli scritti e delle figure in rilievo che fatti ruotare su formelle di creta fresca imprimevano i disegni e gli scritti
I Sumeri costruivano i loro tempi e le loro case in mattoni. L’argilla era la base per costruire, però dato la non perfetta cottura dei mattoni le costruzioni, benché monumentali, andarono distrutte.
Ecco perché la cultura egizia ha un maggior seguito, gli Egiziani costruivano con la pietra e le loro vestigia poterono sfidare il logorio dei secoli ed impressionare maggiormente gli storici.
Sono stati trovati mattoni aventi le misure uguali a quelli attualmente fabbricati. Dopo migliaia di anni si sono conservate nella cultura dei popoli tali misure.
Ma il grande patrimonio sumero attraverso i millenni è quello che recita “ogni popolo un dio “. Chiunque fosse coinvolto nella cultura sumera, si fosse avvicinato ad essa o ne fosse influenzato considerava questa impostazione come parte integrante dell’uomo. La partecipazione ad un popolo portava automaticamente ad annoverarsi tra i credenti del Dio adorato.
La religione è il filo conduttore di ogni comunità, il vivere in un popolo obbliga giustamente ad accettare la sua cultura e conseguentemente professare la sua religione.
I Sumeri avendo per ogni città un proprio Dio, erano dei politeisti. Il politeismo fu un grosso aiuto alla crescita della cultura dei popoli, ogni essere umano nasceva dentro un nucleo adoratore di un Dio, ma se per ragioni diverse non si identificava in esso, non era prigioniero di un comportamento culturale, aveva la possibilità di rivolgersi ad una altra divinità ossia ad una altra linea comportamentale più consone alla sua indole.
In tal modo nessun uomo nasceva prigioniero di una cultura, ma la sua scelta, senza essere traumatica, permetteva un maggior travaso comportamentale e conseguentemente questa mobilità culturale permetteva una maggior selezione dei modi di socialità.
La civiltà sumera iniziata nel 4000 a.C., attraversò alcuni periodi di alterne fortune, il primo periodo di crisi si verificò con l’invasione di popoli semitici tra il 3100 ed il 2850 a.C.. In seguito si verificò un’altra invasione semitica tra il 2675 ed il 2600 a. C.
Dal 2093, dal re Shulgi, i re non governarono più in nome di Dio ma essi stessi vennero divinizzati.
Nel 2003 a.C. cessò definitivamente la civiltà sumera causa le invasioni semitiche.
Le popolazioni semitiche, da parte loro, assimilarono i fondamenti del pensiero sumero.
Nel libro sacro degli ebrei, popolo semitico, vi sono, nelle prime parti, dei racconti di avvenimenti e delle citazioni culturali copiate, quasi integralmente, dagli scritti riscontrati nelle tavolette di argilla sumere rinvenute dagli archeologi.
Nel periodo successivo alla fine della cultura numerica, (2003 a.C. ) molti gruppi semitici abbandonarono la Mesopotamia . Tra questi gruppi vi era Abramo, un semita figlio di un sacerdote di nome Terach, esperto in arte divinatorie nella lettura delle viscere degli animali sacrificati.
La grandezza di Abramo fu nell’indicare il suo gruppo ed i suoi discendenti appartenenti ad un popolo, e questo avrebbe avuto un Di come vuole la filosofia sumera.
Leggendo i primi libri della Bibbia si nota la ripetizione, in modo ossessionante, che il popolo ebreo discendente da Abramo ha un suo Dio, nessun appartenente a questo popolo è autorizzato ad adorarne un altro.
In più punti nella Bibbia viene incitato il popolo ebraico ad abbattere gli altri Dei.
Nel Pentateuco si sente l’influenza del pensiero sumero, all’inizio si ammonisce a non adorare altri Dei dichiarando una ostilità doverosa in quanto falsi e perché il popolo ebreo ha firmato un patto con il suo Dio
Conseguentemente se tutti gli altri Dei sono falsi, quello del popolo ebreo è l’unico vero.
Considerato valido il concetto “un popolo un dio”, essendo il Dio ebreo l’unico Dio vero, i discendenti di Abramo sono conseguentemente predestinati ad essere il popolo eletto.
Il far credere ad un popolo l’esistenza di un solo Dio non era un compito semplice.
La naturalezza di credere a diverse entità divine rende l’uomo più duttile e gli permette di abbracciare il modo comportamentale derivante dalla impostazione religiosa dipendente dalla divinità scelta. Nello stesso tempo, appoggiarsi ad un'altra divinità non crea problemi religiosi in quanto nel politeismo tutti gli Dei hanno medesima dignità anche se nell’immaginario umano possono avere diversa potenzialità e considerazione.
Un popolo se si vuole rimanga unito con la sua cultura e sia determinato deve credere in un solo Dio.
In tale modo vi è una unicità di insegnamenti ed imposizioni culturali, diventano meno accettabile le unioni con appartenenti ad altri popoli in quanto creano metodi comportamentali differenti.
Durante il declino della cultura sumera si era affermata la civiltà egiziana, nata 3000 anni a. C.
Come i Sumeri avevano creato la loro civiltà grazie ai due fiumi: il Tigri e l’ Eufrate, così gli Egiziani crearono la loro civiltà grazie alla fertilità dei terreni determinata dall’inondazioni del fiume Nilo.
La loro civiltà creò una ricchezza immensa e si inizio a costruire monumenti e vestigi importanti.
Le loro costruzioni erano in pietra, però questa non è semplice ottenerla, trasportarla ed è difficilmente reperibile.
La ricchezza permise agli Egiziani di aumentare di numero ed ad edificare molte abitazioni. Gli Egiziani passarono nelle costruzioni dall’uso della pietra a quello dei mattoni di argilla.
Dalle zone abitate dai Sumeri giunsero popolazioni versatili nella fabbricazione dei mattoni. La civiltà sumera era finita e gli invasori semitici si spostarono in Egitto.
Tra questi semiti vi erano molti appartenenti al popolo ebreo iniziato da Abramo.
Un uomo della nomenclatura, Mosè, allevato alla corte dei Faraoni, emarginatosi perché balbuziente, riuscì a dimostrare di appartenere al popolo semita addetto alla fabbricazione dei mattoni.
A seguito di una serie di avvenimenti disastrosi, l’economia del popolo egiziano subì una grave crisi, la costruzione di case diminuì e conseguentemente calò il consumo e la fabbricazione dei mattoni.
A capo di questi operai semitici si mise Mosè e li portò alla ricerca di una altra terra. Mosè si impose di creare da questi lavoratori dell’argilla un popolo usando la religione ed il relativo Dio predicato dal capostipite Abramo vissuto circa 600 anni prima. Non fu un compito facile, l’uomo difficilmente accetta una unicità di regolamenti e di impostazione culturale.
Per imporre il monoteismo Mosè riuscì a mantenere con la manna gli operai. I loro figli, nei 40 anni di assistenza, educati dall’infanzia all’unicità culturale di un solo Dio diventarono maggioranza, rafforzando le basi culturali del nuovo popolo.
Mosè dovette ricorrere a stermini di massa uccidendo (Esodo 32) chi non accettava l’impostazione del monoteismo. Questo sta a dimostrare quanti massacri occorre compiere per imporre il Dio unico.
Il monoteismo era necessario perché in tal modo impediva la possibilità di adorare altri Dei, per evitare il crearsi di culture comportamentali differenti.
La differenza delle culture diventa elemento disgregante per un popolo portandolo a scindersi in gruppi diversi seguendo la molteplicità religiosa
Il Dio creato dal monoteismo doveva soddisfare l’immaginario del credente, la impossibilità di cambiarlo era compensata con l’immagine di un essere superiore, giusto, inflessibile verso chi lo tradiva.
La intolleranza divina serviva ad installare un concetto di superiorità al popolo, questo conseguentemente diventava intollerante, duro e vendicativo come il suo Dio, la cui giustizia diventava l’alibi per il comportamento - occhio per occhio- e - dente per dente-.
Il Dio del monoteismo era l’unico depositario della giustizia, e in nome di essa è vendicativo verso coloro che lo negano.
Purtroppo il monoteismo era originario di intransigenza, il politeismo in qualche modo, anche se non in modo eclatante, invece era maggiormente accondiscendente
Tuttavia l’intransigenza non è del tutto negativa, un popolo per poter sopravvivere deve essere combattivo, forte con gli altri e deve trovare una giustificazione anche quando si comporta in modo omicida verso gli avversari.
Nessun popolo e nessuna cultura può esistere se non è in grado di difendersi in modo cruento.
Certamente la difesa può sconfinare nella prevaricazione, anche se vi è una scusante di tipo religioso. Il popolo monoteista, suo malgrado intransigente, potrebbe alimentare l’odio acerrimo dei suoi nemici.
Il monoteismo è certamente il modo migliore per fornire una forza immane di sopravvivenza al popolo che lo professa, tuttavia esiste il rovescio della medaglia, il mai perdonare, ossia la negazione della ricerca di qualche mediazione, porta a problematiche esistenziali.
Se non si accettano gli altri popoli, si determina la convinzione come gli altri esseri umani non possono avere uguali diritti, non appartenendo al popolo di Dio.
La distruzione degli altri Dei può creare una continua manifestazione di opposizione e di odio da parte di altri popoli.
Se la coltura di difesa di un popolo; alimentata da un giustificato motivo e plausibile concetto di superiorità; è continuamente applicata, alla fine può portare alla distruzione del medesimo condizionato da una religione intransigente.
Questo problema affiorò nel popolo ebraico. Questi dovette giustamente, per difendere la sua assoluta integrità, combattere in continuo fino ad essere assoggettato dall’impero romano.
Nello scontro tra le due culture romana ed ebrea si evidenziò il problema della intransigenza religiosa quale aspetto negativo.