venerdì 7 novembre 2008

Parte seconda IL DIO MITRA


Il popolo romano era sorto circa 600 anni dopo Mosè.
I romani alla loro origine erano l’unione di persone che vivevano di rapine e fondarono una città a cui fu dato in tempo successivo il nome di Roma. La loro indole era la depredazione.
L’uomo per migliorare la sua esistenza era normale cercasse di depredare agli altri uomini non solamente quello fornito dalla natura, ma anche i prodotti ottenuti con l’intervento manuale.
La depredazione però originava alcuni inconvenienti. La rapina determinava una reazione da parte di chi era privato di quanto possedeva e si creavano situazioni cruente, il cercare di privare altri uomini dei beni diventava pericoloso.
I romani adoperarono sovente la forza per conquistare gli altri popoli, la loro vera forza era però la trattativa e la mediazione. La cultura latina è una cultura di rapina, però il suo grande bagaglio fu la mediazione ed a questa forse ottenne maggiori risultati che con il gladio. La mediazione intesa come allargare ad altri la divisione del bottino. Quando si compie una rapina questa non viene mai fatta in nome di una religione ma in nome dei partecipanti. La rapina è fruttifera se partecipano tutti coloro che la possano agevolare. Meglio dividere qualcosa con altri che dividere niente in pochi. Questo è il bagaglio culturale lasciatoci dal mondo latino.
Quando la cultura romana e quella ebrea si incontrarono, risultò evidente la differenza. La conquista di Israele da parte dell’impero romano avvenne nel 63 a. C.
La mediazione dei romani era vincente, non è con “l’occhio per occhio” che si formano gli amici.
I romani avevano tanti nemici ma con la loro tolleranza avevano anche tanti amici più o meno comperati
Tra la classe dominante ebrea si incominciò a capire come con la tolleranza (ossia con la mediazione) ed il perdono si poteva ottenere di più. Tale idea trovò dei sostenitori e qualcuno la radicalizzò estremizzandola. La mediazione trasformata in perdono non come complemento ai rapporti umani ma come momento trainante.
Dopo 90 anni di occupazione romana dei territori dove viveva anche il popolo ebreo vi fu la predicazione di Gesù. Questi si dichiarò figlio di Dio (non poteva dichiararsi Dio perché secondo gli ebrei ve n’è uno solo) è incominciò a predicare il perdono e l’altruismo.
Gesù era di stirpe reale, di grande capacità ed intelligenza (vedi i colloqui intavolati da fanciullo coi sacerdoti del tempio) con il suo carisma e le sue doti sopranaturali ebbe un grande seguito tra gli ebrei.
Il suo insegnamento allarmò la classe dirigente ebrea. Essa non era preparata a questo nuova impostazione religiosa-culturale, era impaurita, se si incominciava ad usare il perdono e l’accettazione della prevaricazione altrui si incamminava sulla strada di diminuire le proprie difese.
Il nuovo credo poteva avere un risvolto dirompente in quanto era agli antipodi del credo religioso fino ad allora predicato. Il nuovo credo era estremista (come tutte le idee rivoluzionarie) ma con i dovuti accorgimenti avrebbe potuto dare una copertura, anche parziale, ad un modo comportamentale necessario nel mondo creato dall’impero romano.
I romani avevano dimostrato come l’integralismo non era più sufficiente a salvare un popolo. Gli ebrei erano condizionati e prigionieri della loro convinzione religiosa di essere il popolo eletto, non per merito proprio ma per essere il popolo dell’unico vero Dio esistente.
Il potere ebraico fu assalito dalla paura e fece uccidere Gesù. e grazie all’aiuto dei romani.
Gesù predicò solo al popolo ebreo perché riteneva come il messaggio basato sul Dio unico non potesse essere capito dagli altri popoli. Inoltre la sua predicazione serviva solo a mitigare una impostazione culturale del popolo ebreo, situazione non ripetibile negli altri popoli
I seguaci di Gesù, dopo la sua morte, continuarono a predicare il nuovo concetto. Non si può vivere isolati dagli altri popoli culturalmente trincerati dalla sicurezza di essere i figli prediletti dell’unico Dio.
Tra i primi persecutori di questo nuovo credo vi era Paolo, questi era un ebreo di bassa statura con un genitore romano. I problemi della sua statura e di essere per metà ebreo e per metà romano gli davano una forte carica psicologica, questa spiega il suo cambiamento repentino da persecutore a diffusore del nuovo credo di Gesù.
Gli ebrei erano freddi verso il nuovo insegnamento, anche perché presentava il fianco a molte critiche. Perdonare a chi ti fa del male può al principio apparire un metodo contrario alla sopravvivenza della natura della vita.
Paolo incominciò a predicare anche ai non credenti nel monoteismo ossia adoranti un loro Dio, tollerando chi seguiva gli altri, senza considerarsi diversi o superiori per questioni religiose.
La superiorità in tutti i popoli viene suffragata dalla possanza, dalla forza, dalla ricchezza, dal numero ma mai nessuno si sentiva superiore perché era servo di un Dio.
L’insegnamento della predicazione del Cristianesimo verso i non monoteisti sviluppò maggiormente alcune tematiche. Il concetto che Dio potesse essere figlio creava un nuovo tipo di deificazione. L’uomo non più deificato per captazione ma per discendenza. Assurgeva nell’immaginario degli uomini di essere figli di Dio e pertanto tutti uguali perché aventi i medesimi diritti per nascita.
L’impero romano perseguitò i cristiani, anche se per motivi diversi della persecuzione ebraica. Le persecuzioni erano giustificate in quanto i cristiani non accettavano la divinità dell’imperatore. Questa scusante era ridicola perché anche gli ebrei non sacrificavano all’imperatore eppure non erano perseguitati.
La vera ragione della colpa dei cristiani era perché predicavano il perdono delle ingiustizie, delle offese e delle prevaricazioni in quanto il prossimo era un fratello perché gli uomini sono tutti figli di Dio.
Ma se gli uomini sono tutti figli di Dio, ossia fratelli, la schiavitù non poteva esistere. Se non era più accettato il concetto di schiavitù saltava tutto il sistema economico, specialmente nella penisola italica dove il lavoro era svolto da centinaia di migliaia di schiavi.
Nel 91 a.C. la città di Corfinium venne nominata capitale federale di tutti i popoli italici della penisola (eccetto l’Etruria e l’Umbria) ribellatisi a Roma perché stufi di essere spremuti con le tasse e le leve militari. Questa confederazione fu soffocata da un massacro per tutta la penisola e dalla promessa di dare la cittadinanza romana a quelli che non si erano ribellati e giuravano fedeltà a Roma.
Questa operazione di dividi ed impera mise a tacere i popoli italici i quali ormai non servivano a creare ricchezza la quale era procurata da un numero immenso di schiavi.
La penisola italica rigurgitava di schiavi e nel 136 a.C. un siriano, Euno, aveva capeggiato una rivolta in Sicilia coinvolgendo circa duecentomila schiavi, dopo aver massacrato i cittadini di Enna e di Agrigento, fu sconfitto e preso prigioniero con settantamila ribelli. Non avvenne alcuna punizione oltre i ventimila schiavi trucidati in battaglia, perché in quel periodo gli schiavi avevano un grande valore e dispiaceva subire una perdita economica con la loro morte.
In seguito gli schiavi aumentarono in numero vertiginoso e calò il loro prezzo, al mercato di Delfo si commerciavano migliaia di schiavi al giorno.
Nel 73 a.C. Spartaco, iniziò una rivolta e lanciò un appello ai milioni di schiavi stanziati nella penisola ed a capo di un enorme esercito sconfisse le legioni di Roma, le sue forze si divisero; una fu sbaragliata nel meridione della penisola mentre Spartaco, sconfisse tre eserciti, andò in Padania e ritornato in Lucania venne sconfitto.
Artefici di questa vittoria romana furono i due generali Pompeo e Crasso. Da questo atto inizia tutta la storia contemporanea. Per evitare future rivolte si conferì un esempio come deterrente. Il prezzo degli schiavi era calato pertanto tutti i sopravvissuti dei compagni di Spartaco furono giustiziati, impiccati, crocifissi, storpiati e legati agli alberi lungo tutta la via Appia. Tale macello fu traumatico e sostanzialmente pose termine a qualsiasi iniziativa di ribellione, da quel momento gli schiavi seguirono altre linee non cruente per cercare la libertà.
Questo rende comprensibile perché la predicazione di Paolo ebbe molto successo nella penisola italica.
I popoli non composti da schiavi avevano culturalmente il concetto di libertà e non era necessario abbracciare un credo così avvolgente come il monoteismo, invece per i milioni di schiavi italici il Cristianesimo fu un nuovo modo di cercare la libertà fisica a scapito della libertà dell’animo.
L’impero romano divenne sempre più esteso appoggiando il suo potere sull’accordo e sulla mediazione. Dopo il periodo monarchico a Roma il comando venne conferito a due consoli eletti. In tal modo si accontentavano le due fazioni in cui poteva dividersi l’elettorato romano. I consoli venivano eletti annualmente per dare modo a molti di arrivare a soddisfare l’ambizione del comando. La durata di un anno non permetteva di creare la mentalità della politica considerata una professione fissa.
Ma le votazioni romane avevano creato nei secoli un grave problema, il voto in cambio di benefici. I romani vendevano il proprio voto; per essere eletti occorreva andare per il mondo a rubare attraverso la conquista; ritornare a Roma e usare le ricchezze per comperare i voti dei cittadini. La durata di un solo anno del potere non poteva permettere di rubare la cifra spesa per comperare i voti.
Una democrazia non può esistere se gli eletti non hanno il tempo di appropriarsi quanto hanno speso per ottenere i voti.
Dopo aver domato la rivolta degli schiavi di Spartaco da parte di Crasso e di Pompeo, questi assurse a grande potere e popolarità.
L’incontro con la cultura dei popoli di oriente insegnò ai romani il concetto del potere totale in possesso ad un solo uomo.
La politica democratica romana attuata fino al 70 a.C. non permetteva la gestione del potere, neanche per coloro eventualmente in buona fede.
Da Pompeo, seguendo la mentalità della mediazione, nacque il primo Triumvirato, esso fu l’accordo di tre persone per gestire il potere. La gestione del potere di una entità così enorme come l’impero romano era possibile solo attraverso persone con provate capacità. Nel primo periodo i triumviri si aggiudicarono lo sfruttamento di terre da conquistare, poi nel 52 a.C. Pompeo venne nominato console unico.
Ma la sete di potere da parte di chi è a capo di eserciti non si può gestire con il voto. La ragione era che non si poteva rubare per tutto il Mediterraneo per comperarsi i consensi.
Il 10 gennaio 49 a.C. Giulio Cesare, attraversando il Rubicone, prese la seguente decisione: se il potere si basava sulla ricchezza ottenuta con la forza per pagare i voti, tanto valeva usare la forza per conquistare direttamente il potere e saltare il passaggio del voto dei romani.
In quel giorno nacque l’impero Romano e l’autorità impersonata dall’imperatore.
In principio, per non traumatizzare il popolo, i successori di Cesare ebbero la potestà tribunizia a vita, si creò il cosiddetto principato sotto Caligola trasformandolo in una monarchia di stampo ellenistico-orientale con conseguente divinizzazione dell’imperatore
Gli imperatori romani non eletti dal popolo dovevano cercare una legittimazione al loro potere. Si copiò dall’oriente dove i sovrani avevano il potere dal Dio, anzi si stabilì che l’imperatore era egli stesso una divinità.
Pompeo mise le basi dell’impero romano ed involontariamente mise anche le basi religiose alla legittimazione degli imperatori.
Secondo Plutarco Pompeo, nel 67 a. C., catturò alcuni pirati cilici e questi portarono a Roma il culto del dio Mitra. Tale divinità era di origine indoiranica, nel dualismo delle religioni orientali Mitra era il dio che aiutava il bene a combattere il male. Già nel 400 a. C. il dio Mitra era stato invocato dall’imperatore Ciro. Questo Dio era assimilato all’idea militare del Sole invitto, il culto ebbe una grande espansione in Roma . Nerone si fece iniziare ai misteri del dio Mitra, le legioni provenienti dall’Asia Minore contribuirono a diffondere la religione. Il culto del dio Mitra ebbe successo specialmente negli ambienti militari e si espanse fino in Brittania. Dal 200 d. C. tale religione divenne dominante nell’impero romano.
Il dio Mitra era identificato col Sole, secondo la predicazione, sgozzava un toro e dal sangue dell’animale nasceva la vita, alla fine del mondo questo sacrificio avrebbe conferito l’immortalità. L’aspettativa della immortalità, dopo la fine del mondo, era componente essenziale del mitraismo. I fedeli venivano iniziati secondo sette gradi corrispondenti ai pianeti.
Il culto si svolgeva originariamente in grotte naturali e poi in santuari detti mitrei. Il significato simbolico del luogo è abbastanza evidente, il Sole, ossia il Dio Mitra, sembrava sprofondare al tramonto nella montagna e da questa sembrava sorgere al mattino. Il Sole, secondo la religione mitrea, durante la notte riposava in una caverna.
I mitrei in seguito furono costruiti in muratura, ma ricordavano sempre la caratteristiche delle grotte naturali. I riti sacri comportavano alla fine un banchetto e si immolavano bestie per avere la carne, si mangiava pane e si beveva vino ed acqua.
Le caratteristiche di religione iniziatica, la ricchezza e la complessità della dottrina, le idee di salvezza e di immortalità furono la spinta alla diffusione raggiungendo il suo culmine nel 300 d. C. Questa religione veniva dall’oriente dove il potere del monarca non veniva dal consenso del popolo ma era la divinità a legalizzare il potere.
Maggiormente il Dio era potente, venerato ed adorato maggiore era il potere conferito. Se il Dio era totalizzante il potere del monarca era assoluto.
Ma se il potere avveniva da Dio nasceva la domanda nel sistema politeistico: quale Dio ha il diritto di concedere il potere ? A Roma vi erano centinaia di divinità. La religione del dio Mitra era la più qualificata per unificare il culto del popolo romano.
Il dio Mitra aveva le credenziali per essere considerato unico perché rappresentava il Sole, tale religione riduceva il tutto alla lotta del bene contro il male e conseguentemente i fedeli erano sempre dalla parte del bene.
L’immortalità era un premio enorme per i fedeli e non aveva nessun costo per chi lo predicava, perché veniva fornita dopo la morte quando nessuno poteva ritornare a reclamare il mantenimento dei patti. L’esercito, i funzionari, i potenti capirono la potenza di questo credo ed abbracciarono in massa questa religione.
La religione del dio Mitra, divenendo religione dell’impero, si arrogava il diritto di essere la depositaria del potere. Essa sola aveva in definitiva la possibilità di proclamare la divinità dell’imperatore, era la garanzia dell’assolutismo imperiale. Conseguentemente gli imperatori e l’apparato di potere appoggiarono la casta sacerdotale del dio Mitra.
Il potere assoluto si alimentava da solo. Il potere imperiale elargiva ricchezze alla classe sacerdotale del dio Mitra, con la costruzione dei mitrei.
Con l’avvento di questa impostazione religiosa derivante dall’oriente, la cultura latina fece un salto di qualità, e si cercò di instaurare una sola religione con un solo Dio.
Il centralismo religioso è la base indispensabile per il centralismo del potere.
Però per mantenere il potere atto alla conquista ed allo sfruttamento degli altri popoli era necessaria la forza, questa si esprimeva con uomini armati. Se i territori da governare sono immensi occorrono tanti armati rispetto al numero dei componenti del popolo dominante. Un esercito comporta sempre dei problemi in quanto non tutti hanno la voglia di immergersi nella vita militare.
Le generazioni di persone nate in società usufruenti, anche di riflesso, del benessere derivante dalla depredazione verso altri popoli, abituate dalla tranquillità acquisita di non subire aggressioni sono poco propense ad arruolarsi militarmente. Così Roma dovette ricorrere agli uomini di altri popoli per formare i propri eserciti, in tal modo all’esercito venne a diminuire lo spirito di sacrificio ed aumentò l’esosità del compenso richiesto per la prestazione militare.