lunedì 19 maggio 2008

Trenta anni dopo

I corsi e i ricorsi

Con il Regio Decreto del 15 marzo 1946 usciva alla luce un primo documento ufficiale sul rapporto tra la Mafia e il potere romano circa la suddivisione del territorio italiano da poco occupato dagli eserciti degli Alleati vincenti la guerra.
Era un mattone nella creazione di quello Stato Federale che vedeva nel Sud il consolidamento e l’ufficializzazione del potere mafioso e dei suoi collegati mentre si confermava il potere romano sul resto del territorio della penisola, comprendente anche la colonia della Padania.
Il patto è ancora in vigore grazie ad un segreto accordo di spartizione, quasi scimmiottando con una minimalissima imitazione il trattato di Yalta riferente allo Stato italiano, accordo attuato nel dopoguerra e che trae la sua origine dal manifesto del MIS del 23 luglio 1943.
Da quel trattato lo sfruttamento economico fiscale del Sud fu appannaggio della Mafia e delle associazioni collaterali, mentre lo sfruttamento della colonia della Padania venne dato in totale appannaggio al potere romano.
Attualmente il trattato è ancora in funzione.
Il governo sullo Stato italiano nel dopoguerra avvenne attraverso la democrazia e la creazione di partiti.
Questi ebbero il loro momento aggregante nelle ideologie.
Precisamente, messe al bando le ideologie nazista e fascista, avendo i loro sostenitori perso la guerra, si applicò la suddivisione ideologica delle popolazioni abitanti nella penisola italiana in due parti secondo i canoni della democrazia liberale. Il tutto si ottenne usufruendo la ideologia mardokaista e la pressione religiosa cristiana.
Le due correnti furono manovrate intelligentemente, il loro punto di riferimento culturale e ideologico era così forte da mettere in sottordine l’importanza della realizzazione dei programmi di riforme che teoricamente si assumono i partiti nei sistemi democratici occidentali.
La trasformazione dei partiti in contenitori fideisti permise la creazione di una classe politica che, nascondendosi dietro a questa forte pressione culturale, si poté trasformare in un contenitore e rifugio di personaggi ricercanti solamente il vantaggio economico per se e per i propri clienti, amici collegati e sostenitori.
I partiti si trasformarono, dietro il paravento culturale, in bande di signori della guerra e grazie alla patente di corsa, ottenuta attraverso il rituale delle votazioni, iniziarono una depredazione sistematica dello Stato.
Tale depredazione doveva anche soddisfare le richieste finanziarie sempre crescenti dello stato federale del Sud appartenente alle organizzazioni mafiose.
Agli inizi degli anni ’70 nel Nord incominciò a farsi sentire la pressione messo in atto dopo la rivoluzione fiscale che ebbe la sua punta visibile nel passaggio dal sistema IGE a quello dell’IVA.
Nei territori del Nord incominciavano a serpeggiare segni di insofferenza e sparuti gruppi di difensori della cultura popolare alpina incominciarono ad ottenere dei consensi.
Era la popolazione che, per difendere i frutti del proprio lavoro, non avendo un punto di riferimento lo aveva trovato dietro alla difesa etnica della propria cultura.
Ossia la difesa della cultura diventava un momento aggregante per la difesa economica.
In quel decennio iniziarono a sorgere dei gruppi che iniziarono a pensare di trasformare questo posizioni culturali etniche in momenti di aggregazione politica.
Il passaggio da momento culturale a politico ebbe il suo avvio causa l’accordo di Osimo il 10 novembre 1975. In quel trattato si sancì la cessione di una parte del “Territorio libero di Trieste” alla Iugoslavia.
Per il suo contenuto il trattato venne avversato dagli esuli di quelle terre, ma principalmente era avversato in quanto diminuiva lo spazio vitale della città di Trieste, non dando delle corrispettive compensazioni alla città.
Questo determinò una alzata di scudi della popolazione triestina che iniziò una pressione politica sul sistema romano incurante di quel territorio, essendo il medesimo inglobato nella colonia padana e pertanto considerato zona di sfruttamento senza diritti.
La situazione creata determinò l’aggregarsi del consenso della popolazione triestina e questa il 25 giugno 1878, con una lista detta del “ Melone”, ottenne 18 consiglieri alle elezioni comunali della città. Inoltre nelle votazioni politiche del 3 giugno 1979 ottenne con 65505 voti un rappresentante al parlamento.
Grazie a questo, secondo la legge elettorale allora vigente, la lista del Melone aveva la possibilità di presentarsi a tutte le votazioni dalle comunali alle europee senza raccogliere le firme di presentazione. Tale lista per intimorire lo Stato italiano minacciò di allargarsi cercando di aggregare tutti coloro che nel Nord professavano il pensiero politico dell’autonomia o dell’indipendenza. Questi gruppi iniziarono a trovare il consenso nella popolazione perché questa vedeva nel progetto la possibilità di tagliare il cordone ombelicale, economicamente oppressivo, determinato dal potere centrale romano.
Alla fine degli anni ’70 era chiaro che questo vento di rivalsa del Nord avrebbe avuto uno spazio enorme.
Gli statisti italiani compresero che la forma politica di contrapposizione tra mardokaismo e cristianesimo avrebbe portato alla rovina economica del sistema.
Occorreva annullare la lotta ideologica in una forma assembleare costituente e trasformare i partiti, da bande di rapinatori, in gruppi propositivi.
Per ottenere questo processo era necessario che le due correnti egemoni politiche si accordassero ed in breve tempo si iniziasse un risanamento morale della politica. Il fautore ed ideologo di questo processo fu il grande statista meridionale Aldo Moro.
La sua incessante opera portò a convincere il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana ad accettare una forma di consociativismo, già praticato in modo oscuro nella suddivisione delle depredazioni allo Stato, che doveva formarsi in un sistema propositivo di riforme assumendo un aspetto di nuova costituente. Questo processo aveva due ostacoli. In primo gli Stati Uniti che non potevano permettere ad un territorio, da loro conquistato ed occupato, di avere al governo un partito sovvenzionato economicamente in modo continuativo ed enorme dalla Unione Sovietica, potenza antagonista.
Il secondo ostacolo era la classe politica che vedeva in questa operazione di consociativismo, un danno economico per la categoria che dal dopoguerra si era formata e si stava trasformando in casta.
Il 16 marzo 1978, giorno della presentazione del nuovo governo, guidato da Giulio Andreotti, che avrebbe dovuto concretizzare una nova forma di affrontare la politica, attraverso un velato consociativismo in modo da risanare il comportamento politico italiano, Aldo Moro veniva sequestrato da un gruppo armato dichiaratosi appartenente alle Brigate Rosse, gruppo operativo semimilitare che svolse molti operazioni politiche in quegli anni.
L’operazione militare chirurgica che portò al sequestro di Moro mise un freno alla operazione da lui ispirata e dopo 55 giorni venne ucciso. Come monito ai partiti, che volevano intraprendere una strada di ricerca morale e propositiva della politica, il corpo di Moro fu ritrovato nel cofano di un automobile parcheggiata emblematicamente vicino sia a Piazza del Gesù dove era la seda della Democrazia Cristiana sia a via della Botteghe Oscure dove era la sede del Partito Comunista italiano.
Il chiaro messaggio politico interruppe il procedere del progetto, sfruttando anche le forti resistenze passive determinate da molti politici che stettero in posizione di non attivismo nel cercare di risolvere la situazione del rapimento, essendo contrari alla svolta di Moro.
La drastica fermata al disegno di Moro determinò il continuare ed ingigantire del sistema di depredazione politica della economia. Per limitare i danni visibili del saccheggio si iniziò, attraverso successivi governi, ad incrementare esponenzialmente il debito pubblico permettente che lo sperpero del denaro pubblico non si appoggiasse sull’esclusiva imposizione fiscale.
La continuazione dell’assorbimento delle ricchezze prodotte dal Nord avrebbe determinato una rivalsa delle popolazione settentrionali soggette ad un forsennato e crescente saccheggio fiscale.
Si creava il pericolo che questo determinasse un tentativo di ricerca di una nuova via politica da parte dei cittadini del Nord.
Uno dei primi a pensare a questo problema fu Andreotti che, in una delle sue solite taglienti battute, indicò la via per fermare tale sviluppo politico con la frase” per fermarli comperateli”.
Andreotti risente di quella mentalità latina in cui si ha la sensazione che tutto è corruttibile e pertanto facilmente conducibile.
Ma questo non era possibile data la miriade di gruppi che perseguitavano la libertà anche fiscale del Nord. Tuttavia il pensiero andreottiano fu applicato, ne fu esempio l’affare, dopo oltre dieci anni, dei 200 milioni. Ossia denaro dato senza essere richiesto ma come facente parte di un automatico processo autonomo di condizionamento politico.
La mentalità latina del condizionamento finanziario avrebbe potuto risolvere solo parzialmente il contenimento dello sviluppo dei gruppi politici che avevano abbandonato il filone ideologico ed assorbito il filone della liberazione economica delle popolazioni del Nord.
Le forze occulte, settarie e retrologge che avevano creato dal nulla lo Stato italiano, presero in mano la situazione ed invece attuarono un progetto fornente maggiori garanzie. Solo attraverso il settarismo si avrebbe potuto fermare questa esplosione di consenso.
Fu un lavoro enorme.
La situazione sfuggiva di mano. Alle votazioni politiche del 26 giugno 1983 in Veneto la Liga Veneta ottenne un parlamentare. La possibilità di presentare liste ovunque era aperta. L’unico vantaggio per il potere centrale romano era che tale movimento aveva il nome troppo radicato in una sola regione e pertanto non facilmente accettato in altre zone del Nord.
Le forze occulte pensarono di creare un movimento che fosse unico e centralizzato e rispondesse a tutta la zona dove il malessere per lo sfruttamento poteva allargarsi.
I vari movimenti emergenti vennero aspettati al varco alle elezioni politiche del 14 giugno 1987.
Non si dovevano creare martiri o azioni violente, ma i movimenti, la cui dirigenza non forniva garanzie di saper gestire i loro elettori in modo da non mutare alcunché, vennero limitati con delle scissioni, che fornivano la giustificazione di non permettere di superare lo scoglio per ottenere una rappresentanza in Parlamento.
In una cittadina piemontese di una vallata alpina fu fatto l’accordo per i secessionisti di due movimenti: quello piemontese e quello veneto e conseguentemente a questi smembramenti ambedue alla votazioni, per pochissime migliaia di voti, non raggiunsero il risultato.
Automaticamente un solo gruppo ottenne di avere due rappresentanti nelle istituzioni romane e grazie a questo, divenne il perno centrale per mettere le basi dell’unione di tutti i gruppi che perseguivano la rivalsa del Nord contro lo sfruttamento intensivo romano. La classe dirigente di questa unione, che si addossò tutte le richieste del Nord, venne condizionata e in tal modo, a partire dal 1987 per un ventennio si determinò il contenimento delle rivendicazioni della colonia.
Questo gruppo dirigenziale fu sempre attento, ad ogni aumento del consenso polare al progetto sostenuto, di produrre delle situazioni negative affinché contenere i voti e tenere il tutto entro i limiti desiderati dal potere centrale romano.
La scarsa ricercata rappresentatività del partito ha permesso per molti anni la giustificazione circa la impossibilità di raggiungere alcuna riforma.
Questa operazione monopolista delle aspettative del Nord venne cementata attraverso la legge elettorale del maggioritario attuata il 4 agosto 1993 in seguito al referendum del 18 aprile del medesimo anno. Tale legge impedì il sorgere di qualsiasi altro movimento che potesse occupare lo spazio lasciato libero dall’oculato autodimensionamento del partito creato dal potere romano per gestire la colonia padana.
Da quel momento i partiti tradizionali, passato il pericolo di dover iniziare quel cambiamento che era stato sostenuto da Moro, continuarono con maggior lena la loro opera di saccheggio.
L’unico problema era di sostenere la dirigenza del partito predisposto a gestire la questione coloniale settentrionale.
La classe politica poté con tranquillità attendere alla propria trasformazione definitiva in casta.
L’impunità derivante dalla consapevolezza che il partito del Nord aveva organizzato la sua esistenza su basi culturali settarie, rendendo pertanto inamovibile la sua dirigenza in grado di bloccare qualsiasi contestazione da parte dei coloni del Nord, permise un lassismo nella classe politica romana e un degrado morale nel gestire le ricchezze dello Stato in modo abominevole.
Tale situazione però andava a scontrarsi con gli interessi della globalizzazione decisa ad unificare l’Europa considerando come la sua occupazione militare da parte dei poteri conquistatori nell’ultima guerra, diventava sempre più onerosa e ingestibile.
L’unione economica europea, basata sulla moneta dell’euro, ha necessità che la parte occidentale del continente si identifichi in leggi economiche comuni. Pertanto l’assurdo comportamento economico da quarto mondo dello stato italiano, in merito alla situazione del debito pubblico, non può più essere tollerata, in quanto diventa un cattivo esempio di emulazione per la comunità europea.
Conseguentemente i poteri forti economici europei hanno dato l’ordine di incominciare a limitare gli sperperi di Stato per rendere sana l’economia italiana. Parzialmente questo si ottiene riducendo drasticamente quella infinita corte dei miracoli formante il corollario alla partitocrazia.
Tuttavia non si può diminuire l’esborso fiscale ed allora, dovendo continuare nello sfruttamento delle popolazioni già soggette allo sfruttamento, si deve ricominciare dal 1978.
Per prendere provvedimenti impopolari per compiere questo gesto è necessario coinvolgere tutte le forze politiche presenti nel parlamento. Allo scopo attraverso una legge elettorale, adibibile a molti usi, nel Parlamento i gruppi politici si sono notevolmente ridimensionati come numero. In tal modo si riduce il numero di quei partiti che, per crearsi uno spazio elettorale, devono gestire il dissenso creandolo e sostenendolo.
Dopo 30 anni si ritorna al progetto di Aldo Moro. Come allora però continua ad essere vivo, anzi maggiore, il problema della colonia del Nord.
Tale problema continua perché mentre nel 1978 il taglio degli sprechi partitocratici avrebbero determinato comunque una diminuzione dello sfruttamento fiscale, oggi questo ripulisti non porta vantaggi alla popolazione ma serve solamente a non aumentare il valore reale del debito pubblico, e raggiunto questo obbiettivo occorre iniziare a calarlo.
Pertanto la situazione di malcontento del Nord continuerà ad essere critica.
Solamente la Lega può riuscire a continuare a limitare ed addormentare le rivalse settentrionali.
Il nuovo ciclo storico è iniziato.
Occorre spostare l’attenzione del Nord dal problema fiscale al problema dell’ordine pubblico determinato ed individuato nell’invasione di extracomunitari.
Intelligentemente attraverso un assurdo comportamento di lassismo della magistratura si è creato una nomea mondiale che nello Stato italiano esiste una grande impunità. Questo ha invogliato il sopraggiungere da tutte le parti di persone convinte di poter vivere senza regole.
Questo ha determinato una situazione di paura che permette alla lega di avere una scusante sulla non possibilità di attendere alla diminuzione dell’oppressione fiscale, agendo sulla tensione alimentata verso gli stranieri e creando momenti fasulli di riduzione della paura dei cittadini.
Non è possibile per il potere romano creare un nuovo partito per gestire il Nord appena la lega dimostrerà che giammai risolverà il problema dello sfruttamento, pur potendolo essendo entrata vittoriosa nella stanza dei bottoni.
Come trenta anni or sono, in meno di un decennio, è stata messa la base per la creazione della lega che ha permesso lo sfruttamento continuando ad alimentare false speranze, così potrebbe essere in cantiere un nuovo movimento che ne ripeta le gesta.
Processo difficile in quanto ormai nel sistema sociale sono conosciuti tutti coloro che si sono avvicinati alla lega nei modi, nei tempi e nei periodi più svariati:Diventa problematico costruire una altra classe credibile con a capo un altro uomo della provvidenza che riesca a ripetere l’imbambolamento operato finora dalla lega.
In questi anni non si sono potuti creare personaggi adatti alla bisogna. Chiunque avesse la predisposizione o per denaro o per settarismo di avvicinarsi alla categoria dei servi del potere romano è conosciuto.
Momenti difficili per la partitocrazia di trovarsi un nuovo movimento che protegga il potere romano dalle richieste del Nord.
Pertanto la partitocrazia deve fare con quanto costruito da decenni e sperare che questa riesca a continuare a fermare le rivendicazioni settentrionali.
Ma il sistema economico è al collasso, e non è la finanza creativa dei governi presenti e futuri che potrà risolvere i problemi.
La morte del sistema attuale è imminente.
Davanti vi sono due strade: o la liberazione del Nord dalla situazione di colonia oppure, causa le sommosse popolari, si venga ad un governo in cui l’esercito è la parte persuasiva del sistema.